La giornata mondiale contro l’omofobia

Il 17 maggio 1990 l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola per la prima volta «una variante naturale del comportamento umano». Oggi quella data viene ricordata celebrando la “Giornata mondiale contro l’omofobia” (International day against homophobia).

Nel 1935, Sigmund Freud scrisse una lettera di risposta a una madre che gli aveva chiesto aiuto per il figlio omosessuale: «Deduco dalla tua lettera che tuo figlio è omosessuale. Sono molto colpito dal fatto che non utilizzi questo termine quando dai informazioni su di lui. Posso chiederti perché lo eviti?», scrive Freud. «Non c’è nulla di cui vergognarsi, [l’omosessualità] non è un vizio, non è degradante, non può essere classificata come una malattia (…). Molti individui altamente rispettabili di tempi antichi e moderni sono stati omosessuali, molti dei quali sono stati grandi uomini».

La lettera è attualmente esposta a Londra nell’ambito della mostra alla Wellcome Collection.

Una società che si definisca civile non può tollerare discriminazioni omofobe nel lavoro e nella vita sociale o addirittura aggressioni legate all’orientamento sessuale.

L’omofobia però non riguarda solo un pensiero e/o azione discriminante di un individuo verso l’altro. A volte, l’omofobia si attiva anche verso sé stessi. In questo caso si parla di omofobia interiorizzata che è la condizione mentale di quegli omosessuali che credono che l’orientamento omosessuale sia da stigmatizzare e pertanto viene da loro vissuto con profondi sensi di colpa e vergogna. Nei casi gravi l’omofobia interiorizzata sfocia in uno stato ansioso-depressivo.

Per compiere dei passi significativi verso una società inclusiva è importante permanere in un atteggiamento di ascolto attento e rispettoso della soggettività individuale.