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Testimoni e influencer? Si può fare

Un libro per approfondire le conseguenze dei social per la Chiesa e la sua comunicazione

Quanto i social media abbiano messo in crisi il concetto classico di autorità, dando vita a una comunità (almeno apparentemente) orizzontale e non gerarchica, è un’osservazione che si sente spesso. Qualche volta ha attraversato anche questa rubrica. Ciò che conta non è il ruolo, solitamente conferito dall’alto - si dice bensì la reputazione che è attribuita dalla popolarità fra la gente, dal basso. In altre parole, il numero di follower e di “seguaci” digitali.

A rilanciare il tema, approfondendo soprattutto le conseguenze per la Chiesa e la sua comunicazione è un recente volume a firma di don Dario Viganò, esperto di cinema e di media, che dopo aver diretto il Dicastero vaticano per la comunicazione oggi è vicecancelliere della Pontificia accademia delle Scienze sociali.

Il libro si intitola “Testimoni e influencer. Chiesa e autorità al tempo dei social” (EDB). Nelle prime pagine, l’autore prende in esame l’origine e l’uso del termine autorità, notando quanto oggi appaia sempre più detestabile e identificato impropriamente con l’autoritarismo. I capitoli successivi contengono una sorta di storia dell’idea di autorità nella Chiesa: dalla parola di Gesù alla credibilità degli apostoli, dal rapporto tra Scrittura e Tradizione all’esercizio del potere episcopale e al Concilio Vaticano II.

Il tema dell’autorità ha segnato tutto il cammino della Chiesa e l’attenzione crescente che oggi si registra verso la sinodalità non è che l’ultimo esempio. La sola prospettiva in cui può essere compresa l’autorità nella Chiesa è quella della comunione. E della testimonianza di vita. Dalla teologia alla Rete sembra esserci un abisso ma in realtà il passo è breve.

Papa Francesco - ricorda Viganò - ha detto che un influencer cattolico è uno, o una, che stando online dice sì a Dio e alle sue promesse. Ha udito una chiamata ed è partito per l’ambiente digitale, nella prospettiva di rispondere a quella chiamata anche in questo modo. Si può testimoniare il Vangelo anche mentre si posta una foto su Instagram, si pubblica un video su YouTube o si lancia una “storia” su Facebook.

E se questo porta visibilità e a essere influenti, l’importante è essere credibili, fuggendo i rischi, inevitabili, che il mezzo porta con sè: la banalizzazione del messaggio, la preoccupazione di piacere o la droga della popolarità. D’altronde - sono ancora parole di Francesco - “non c’è bisogno di parolai che promettono l’impossibile, piuttosto di testimonianze che il Vangelo è possibile”.

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