The Place
Cosa saresti disposto a fare per ottenere ciò che desideri? È da questa domanda che prende spunto la serie americana “The Booth at the End”, a cui si è ispirato Paolo Genovese per il suo “The Place”. Il risultato, però, resta sospeso. Come l’identità del protagonista.
La trama: un uomo misterioso siede sempre allo stesso tavolo di un bar, e riceve persone in cerca d’aiuto disposte a qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che vogliono. Le quali per ottenerlo dovranno sottostare alle sue richieste, spesso moralmente discutibili. Richieste che le costringeranno a fare i conti con la propria morale, la propria coscienza e i propri desideri.
Il locale diviene allora una sorta di inferno dantesco, un luogo in cui i vari personaggi dovranno affrontare i loro desideri più nascosti e confrontarsi con uno specchio che li metterà di fronte a loro stessi...
La storia è raccontata in modo essenziale perché la parola e i dettagli sono centrali. Se in “Perfetti sconosciuti” l’ambiente di una casa permetteva movimenti di macchina e personaggi, in “The Place” non c’è spazio al movimento, se non quello di entrata e uscita di scena dei vari personaggi che si avvicendano.
Comunque si vede bene come Paolo Genovese esplori l’ambiente teatrale del cinema, affidandosi ancora a un luogo chiuso, in cui a poco a poco veniamo a conoscenza di cosa fanno i personaggi tramite i racconti. Una storia in cui la parola assume un significato quasi magico, perché è il solo modo che abbiamo di “vedere” le azioni compiute dai protagonisti.
Un appunto si può fare alla scelta dei tempi, che comunque rimane nel dna di un film di questo tipo: la storia, per quanto interessante e intrigante, risente della compressione dettata dai tempi cinematografici, non riuscendo a ottenere lo sviluppo che meriterebbe. È la recitazione che in questo caso somma in sé tutte le altre componenti della messa in scena, e di conseguenza la regia deve essere tutta al suo servizio, invisibile e accattivante.
Per tutti questi motivi si può dire che “The Place” non è un film eccezionale. Eppure proprio per questo motivo incuriosisce e pare diventare anche coraggioso: sono ‘perfetti sconosciuti’ davanti a uno sconosciuto, Valerio Mastandrea (il Mefistofele del Faust? Uno psicologo? Un uomo dai nascosti poteri? Lo sceneggiatore nascosto?) che su quel quaderno, mentre prende appunti, è come se costruisse uno script con i personaggi che gli appaiono di fronte. Dalla tavola di “Perfetti sconosciuti” al tavolino di “The Place” il passo è stato breve: e di fronte al risultato di quest’ultimo film si può decidere se sia stato troppo lungo o anticipato.
Promosso con riserva, però, in attesa di altre prove di questo inedito Genovese dedito al drammatico. E per la domanda con cui è cominciata la recensione: “cosa saresti disposto a fare per ciò che desideri?”, lasciate perdere: il prezzo è sempre troppo alto. E a guardar bene, non guadagnereste nulla.
In programmazione: Multisala Eliseo (Cesena), Multisala Aladdin (Cesena).
Diretto da: Paolo Genovese