Cesena
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MEMORIA

8 marzo, ad Este una rotonda per la cesenate che tentò di salvare due ebree

Riscoperta la storia dimenticata di Clara Lelli Mami Righi 

Pietro d'inciampo

È emersa da alcuni appunti rimasti per troppo tempo in un cassetto e oggi la sua storia torna all’onore delle cronache legando, dopo ottant’anni, le città di Este e di Cesena. Si tratta della storia di Clara Lelli Mami Righi, cesenate di origine che, trasferitasi ad Este, in Veneto, nel 1943 aiutò due concittadine ebree, Anna ed Emma Ascoli Zevi, sperando di salvarle dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. A lei, così come annunciato in vista dell'8 marzo, Giornata internazionale dei diritti delle donne, il Comune di Este intitolerà una rotatoria.

“È per noi motivo di orgoglio - commenta in una nota il sindaco di Cesena Enzo Lattuca - conoscere le gesta di questa nostra concittadina che ha saputo distinguersi per coraggio e lealtà e che ha agito nel segno della fratellanza. Per troppi anni la storia di Clara Lelli Mami Righi, appartenente a una nota famiglia di Cesena e venuta a mancare nel 1999 nel Milanese, è rimasta nell’oblio, ma oggi, grazie al Comune di Este e alla ricerca svolta da Gianluca Conte, diventa di dominio pubblico”.

Este, cartolina storica

Este, cartolina storica

Era il 4 dicembre 1943, un sabato. Allora come oggi si teneva il mercato settimanale e le due donne Emma e Anna Zevi, mamma e figlia, speravano di vendere qualcosa in prossimità del Natale. Loro, di religione ebraica, erano titolari di un piccolo negozio dal nome esotico “Bazar 33”. Erano conosciute e ben volute in città, tuttavia Emma, a differenza di quanto le aveva detto il figlio maggiore Umberto Primo, fuggito nel ‘38 da Castelmassa dove era impiegato alla Cassa di Risparmio da cui venne licenziato perché ebreo, pensava che nessuno se la sarebbe presa con due persone come loro, una donna anziana e una figlia epilettica.

La sera del 3 dicembre, presa da un forte timore, preparò le valigie per andarsene da Este e nascondersi chissà dove. Probabilmente l’arresto del figlio e l’arrivo in città della Wehrmacht le avevano fatto cambiare idea. Pensò però di voler sfruttare per l’ultima volta il mercato settimanale per rimpinguare il magro incasso che ormai da tempo ottenevano. Così quella mattina si avviarono fino al negozio per aprirlo per l’ultima volta. Poche ore più tardi, intorno alle 11, la milizia si presentò in bottega notificando l’arresto. Le due donne tentarono di resistere, ma furono trascinate tra urla e pianti, verso la caserma dei Carabinieri. Nessuno ebbe il coraggio di aiutarle, tranne la signora Clara Lelli Mami, loro amica, che convinse il capitano dei Carabinieri a portarle per quella notte a casa sua in piazza Trento. Evitò loro il carcere anche se sotto il portone dell'abitazione di piazza Trento due carabinieri rimasero tutta la notte a vigilare che non scappassero e la mattina dopo le scortarono verso il campo di Vò vecchio aperto il giorno prima.

Furono trasferite a Villa Venier dove rimasero alcuni mesi insieme a una settantina di altri ebrei padovani. Quindi, nonostante le suppliche al prefetto e il disperato tentativo di salvare Anna organizzando il suo battesimo nella vicina chiesa parrocchiale del centro collinare, il 31 luglio 1944 vennero caricate in un treno verso Auschwitz. Unica traccia rimasta è quella di Emma registrata in arrivo ad Auschwitz e deceduta in quello stesso giorno. Di Anna nemmeno quello. Si suppone sia morta durante il terribile tragitto.

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