Cesena
stampa

pediatria

Augusto Biasini, ex primario di pediatria, a tutto campo sui bambini nei primi anni di vita

Le responsabilità dei genitori e degli educatori. I danni causati dal lockdown. Le accortezze da adottare. Un vero e proprio manuale d'uso per mamme e papà

Nella foto, Augusto Biasini. Foto tratta da Avsi

Venerdì 1 aprile scorso, il professor Augusto Biasini, già direttore della Pediatria e Terapia Intensiva Pediatrica/Neonatale dell’Ospedale “Bufalini”, ha tenuto la terza lezione del corso “Per chi ama la vita e vuole sostenerla”, promosso dal Centro di Aiuto alla Vita di Cesena.

Biasini ha parlato di quanto favorisce l’armonico sviluppo del feto, del neonato e del bambino piccolo, a partire dal fondamentale rapporto coi genitori, fin dal concepimento. Basandosi su dati scientifici, ma anche di immeditato impatto sugli ascoltatori, ha fornito indicazioni molto precise, spiegando anche numerosi fatti meno noti o ignoti ai più (ad esempio, che la lettura è importantissima per il bambino già fin dal grembo materno, e che l’acido folico non è utilissimo solo in gravidanza, ma anche prima e in previsione del concepimento). Tra gli ostacoli allo sviluppo infantile, la distrazione dei genitori, le depressioni materne, la carenza di “health literacy”, ossia di consapevolezza dei comportamenti necessari a una crescita armoniosa, la dipendenza da schermi e cellulari. Il Centro di Aiuto alla Vita di Cesena è grato al professore che ha consentito anche di pubblicare questa sintesi del suo intervento.

Venerdì prossimo 8 aprile il corso si concluderà con la lezione della professoressa Elena Galeazzi sul tema “Verso una comunità che si prende cura” (alle 20,30 presso il seminario vescovile).

 

Lo sviluppo precoce dei bambini e come favorirlo 

Ecco come cresce il bambino nei primi anni di vita nel suo organo più importante, il cervello. Le cellule cerebrali sono nell’ordine del miliardo e i geni che si esprimono nel cervello sono decine di migliaia, più dell’80% dei geni si esprimono nel cervello. Nel primo anno di vita il cervello cresce nel suo volume del 175% e continua a maturare a ondate successive. Gli oligodendriociti producono mielina, migliorano progressivamente la trasmissione dell’impulso nervoso e anche le cellule gliali, il telaio dei neuroni, comunicano fra loro. Genetica e ambiente hanno interazioni bidirezionali e il bambino nel suo sviluppo viene messo di fronte a un ventaglio di possibilità molto vaste. La plasticità dei neuroni è massima nei primi tre anni di vita, durante i quali le interazioni con l’ambiente, gli stimoli e le risposte “arricchiscono, affinano e rendono flessibile le funzioni del Sistema Nervoso Centrale (Di Paolo 1997). Le cellule inizialmente crescono e si affollano per disposizioni genetiche, poi, secondo un modello interattivo di sviluppo, avviene una potatura (pruning) guidata dalle esperienze che si stanno vivendo, cioè alcune sinapsi vengono rafforzate e altre indebolite secondo il pattern (use or loose), quel che non usi lo perdi. 

L’epigenetica ci spiega ora come l’ambiente (inclusi il periodo preconcezionale e prenatale, il tempo e modo in cui si nasce, l’alimentazione, gli inquinanti e le relazioni primarie) possa sovrapporsi (epi) al nostro Dna con modificazioni strutturali che si esprimono nella biosintesi soprattutto del cervello. Qui sta la base funzionale del rapporto positivo fra anticipo dell’intervento nei primi 1000 giorni di vita e promozione dello sviluppo del bambino (Early child development Ecd). È stato ben dimostrato che gli effetti dell’ambiente familiare, esprimendo condizioni socioculturali favorevoli o sfavorevoli, possono modificare sostanzialmente la traiettoria dello sviluppo cognitivo e del linguaggio, inizialmente determinata dal patrimonio genetico: anche i bimbi meno dotati nell’apprendimento, se si trovano in un ambiente stimolante possono superare quelli che, nati con una genetica favorevole, vivono in una trama di relazioni scarse e poco mobilitanti. Tutto ciò ci convince che i nostri geni ci consentono una gran libertà e molti diversi tipi di sviluppo neurologico, e questo richiama tutti ad una grande responsabilità assistenziale, sociale e mediatica nel proporre precocemente al bambino tutto quello che gli può essere favorevole.

Visione binoculare, controllo emozionale, capacità di adattamento, linguaggio e imitazione hanno la loro fase critica di crescita entro i 3 anni di vita, mentre le funzioni esecutive e il pensiero (inizialmente magico poi progressivamente più logico nello spazio-tempo e successivamente ipotetico e deduttivo), hanno un lento processo di maturazione dai primi anni ai 15-16. Deve considerarsi inoltre che il cervello della nostra specie è diventato più grande per imitare bene, e l’imitazione accurata dei comportamenti altrui ha selezionato evolutivamente apprendimento sociale, migliori capacità cognitive e tecniche, il modo più adeguato di nutrirci, e infine il modo più idoneo di insegnare e trasmettere alle discendenze i benefici di tutta la nostra cultura.

La base neurobiologica di tutto questo si trova nel sistema dei “neuroni specchio scoperto da Rizzolati nel 1985. Ciò che fa scattare questa dinamica virtuosa ed evolutiva è l’interesse e il desiderio di imitare quello che vediamo fare. Quindi ogni apprendimento, ogni conoscenza, ogni ragionamento sono appresi e potenziati da una emozione. Quando una mamma parla o canta a suo figlio di pochi mesi, il bambino la guarda negli occhi, osserva la mimica del volto, ascolta incuriosito ed i suoi “neuroni specchio audiovisivi” ricercano i muscoli che saranno reclutati durante l’esecuzione dell’azione osservata e li preparano fin nella loro modulazione di attività, mentre quelli dell’insula anteriore e della corteccia cingolata entreranno in risonanza emotiva con la felicità della madre amplificando apprendimento e ricordo.

La risonanza magnetica funzionale ha ben chiarito che i bambini accendono la loro attenzione se il linguaggio usato è quello musicale ed enfatico del “mammese, o“baby talk”. I genitori vanno sollecitati a raccontare e leggere storie ai loro piccoli usando quel modo istintivo di comunicare che tutti conoscono. Ugualmente è l’ingaggio dei neuroni specchio che guida il piccolo, messo precocemente a tavola con i genitori durante il suo divezzo, a imparare i sapori dei vari alimenti con l’alimentazione “responsiva”, rubando ai visi di chi mangia con lui le espressioni facciali soddisfatte per la bontà del cibo (a pleasure shared is a pleasure doubled!). Nei primi tre anni sono queste le azioni-guida e le esperienze vissute sulle quali il cervello viene potato.

Nei primi due anni non c’è posto per gli schermi digitali (iPad, smartphone, TV) semplicemente perché in quel tempo i neuroni specchio si attivano solo in risposta alle persone reali e non all’immagine video che ne vizia lo sviluppo. I bambini sono calamitati dalla potenza seduttiva della realtà virtuale con la quale imparano rapidamente a interagire senza peraltro comprenderne il significato; la sovrastimolazione entra prepotentemente nel circuito neurobiologico della “ricompensa” con l’aumento eccessivo di dopamina e dipendenza. Gli ormoni dello stress, cortisolo e adrenalina, salgono, mentre sappiamo che nella relazione personale diminuiscono, aumentando invece GH e recettori per i glucocorticoidi nell’ippocampo e corteccia. È possibile che tutto ciò coinvolga negativamente la maturazione delle competenze interattive che sono il traguardo da raggiungere il primo anno.

Ricordo che il processo di acquisizione del linguaggio nella sua complessità incrocia diversi domini: esistono geni che guidano l’apprendimento vocale (FOXP2), altri che aumentano le connessioni neurali (SRGAP2C) ed altri che moltiplicano la produzione dei neuroni (NOTCH2NL), ma sono necessarie anche cellule specifiche quali il neurone di Von Economo dedicato al circuito sociale/emotivo, l’aumento dei neurotrasmettitori nelle sinapsi dell’area frontale, come pure l’incremento di dopamina nel corpo striato. Parimenti necessari sono l’implementazione di circuiti specchio complessi, connessioni fra l’area di Wernike e quella di Broca e collegamenti potenti fra la corteccia motoria ed il tronco cerebrale dedicati al controllo dei muscoli laringei con l’espressione vocale.  

Il video, per di più, sottrae tempo, distrae e paradossalmente rende meno attraenti e piacevoli le relazioni primarie. Quindi solo nel terzo anno potranno essere concessi 15-30 minuti al giorno di foto, filmati di famiglia ma sempre in accompagnamento con l’adulto che stimola la narrazione. Se il cibo nutre il corpo, il gioco favorisce le abilità linguistiche, cognitive e spaziali. I bambini che costruiscono cose con mattoncini e cubi da costruzione, ad esempio, hanno abilità spaziali migliori ed anche migliori capacità matematiche. Le costruzioni nulla hanno di magico, semplicemente ai bambini fa bene avere a che fare con palle, camion ribaltabili e rampe che insegnano loro la fisica della gravità e delle forme in movimento.

I lattanti non capiscono il tempo meglio della gravità. Non è solo lo schermo in quanto tale a causare problemi ma la velocità di quanto è mostrato, il ritmo di scorrimento delle immagini, l’accelerazione e il passaggio da una scena all’altra che possono alterare il “metronomo interno” che si sviluppa nei primi 3 anni e porta il bambino a capire il ritmo del mondo. Se il metronomo si tara su un ritmo troppo veloce, possono sopraggiungere problemi all’attenzione.

Anche nel neonato il cervello si attiva quando ascolta dalla viva voce in madrelingua, ma molto meno se la voce è registrata, perché egli è predisposto a vivere in una relazione presente: se a un neonato somministriamo zucchero e gli parliamo con voce calma chiamandolo per nome quando è sottoposto a procedure dolorose, avverte meno dolore. E se in quella occasione stressante soffre meno, significa che il suo cervello imparerà a sostenere meglio lo stress in ogni occasione. È ben stato dimostrato che, se i genitori del neonato pretermine, gli parlano durante il tempo in cui è ricoverato in Terapia Intensiva Neonatale, le prime vocalizzazioni compaiono 4 settimane dopo la nascita ed aumentano in proporzione delle parole ascoltate. Ciò che interessa i bambini, gli adolescenti ed anche noi adulti, è l’essere dall’altro riconosciuti e desiderati; pensiamo di esistere nella misura in cui ci rispecchiamo nello sguardo che altri ci rivolgono.

Anche la musica si è rivelata come una componente irrinunciabile della crescita delle relazioni, del legame affettivo e dello sviluppo cognitivo. Disse Kodaly alla fine dell’800 “…la musica non privilegio di pochi ma patrimonio di tutti!...” ed è ben vero che musica e canto sono particolarmente utili e fruibili da parte di famiglie svantaggiate. I bambini hanno fame di suoni da ascoltare, da produrre con qualunque strumento e di esperienze musicali coinvolgenti. La musica può essere percepita dal feto e memorizzata fin dal 5-6 mese di gravidanza, farla ascoltare è uno dei primi interventi di sostegno ad essere genitori. Dopo la nascita il neonato la ricorderà! Vocalizzazioni, lallazioni, canto aumentano la capacità di attenzione di memorizzazione, preparano il cervello a imparare la lingua e anticipano l’etnogramma linguistico. Quindi parole, letture, canto, musica fanno crescere le relazioni che il bambino ha ed un profondo interesse per il suo futuro.

Vorrei accennare infine al danno enorme che il prolungato lockdown ha provocato nei bimbi; già dalla fine del primo anno di vita il bambino attribuisce senso e significato al mondo fisico e sociale in cui si trova attraverso la sua parte curiosa e creativa che Eric Berne chiamava “piccolo professore”. È un pensiero intuitivo che, attraverso esperienze, costruisce il sé e risente dei messaggi esplicitamente o implicitamente trasmessi dalle persone più significative, soprattutto i genitori. In questo lungo tempo di pandemia, i bambini sentono messaggi ed espressioni emotive allarmanti, vedono gli adulti con la mascherina, li sentono parlare di contagio, percepiscono dai loro volti ansia, preoccupazione e il “piccolo professore” li induce ad assumere nuovi comportamenti e atteggiamenti orientati ad una eccessiva prudenza/diffidenza che può limitare la curiosità nell’esplorare il mondo. È fondamentale quindi, da parte dei genitori, supportare il processo di costruzione di significati attraverso il controllo delle proprie emozioni, in una condizione di ascolto attivo, senza fretta, evitando rassicurazioni veloci, non decifrabili dal bambino, cercando, con un linguaggio semplice e chiaro, di riprodurre nel gioco ciò che sta avvenendo.

Creative Commons - attribuzione - condividi allo stesso modo
Augusto Biasini, ex primario di pediatria, a tutto campo sui bambini nei primi anni di vita
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti) disabilitato.

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento