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Coronavirus. Un rianimatore del "Bufalini": "La paura del nemico invisibile è palpabile tra di noi mentre ci mettiamo le tute, le maschere e le visiere".

"Dentro quelle tute e quei reparti isolati si vive una alienazione che si mischia all'angoscia del non sapere come e quando finirà tutto questo finirà - aggiunge il medico -. Comunque papa Francesco, come ha detto oggi, ci invita a non sprecare questi giorni difficili"

Foto Siciliani-Gennari/SIR

Smonta dal turno di notte e va a casa a seguire i figli alle prese con i loro impegni scolastici. Anche questa è la quotidianità di un medico in prima linea dell’ospedale “Bufalini” di Cesena. Tolti gli scafandri oggi necessari si devono indossare i panni del genitore, non meno impegnativi di quelli dello specialista, in queste settimane a tratti drammatiche.

 

Dottore, in quale reparto opera in questo momento?

Sto continuando a fare il mio lavoro di sempre, cioè il rianimatore presso la Terapia intensiva del “Bufalini”. Niente è cambiato del mio lavoro, salvo che una nuova patologia è entrata nella vita di tutti noi. Si tratta di una nuova forma di polmonite bilaterale interstiziale, gravissima ma non tra le peggiori. Occupa praticamente tutto il nostro tempo, i nostri posti letto, ma soprattutto le nostre energie.

 

Che turni svolge?

Continuo fare i miei turni canonici (12 ore di giorno e 12 ore di notte) e grazie al grande lavoro del mio primario riusciamo ad avere dei riposi almeno dopo la notte, perchè, come dice lui stesso, "non è uno sprint, questa sarà una maratona".

 

Quali sono le difficoltà maggiori che incontrate in questa inedita battaglia?

Ci troviamo di fronte a una nuova malattia, che porta a una grave insufficienza respiratoria. E' il nostro pane quotidiano, quello per cui studiamo e ci aggiorniamo per la massima parte: solo che d'improvviso ci siamo ritrovati ad avere un numero di casi paragonabile al totale di un anno, concentrati in poche settimane. Il resto delle urgenze però continua a esserci e non possiamo dimenticarci anche degli altri malati (a volte la tentazione è quella). Per fortuna, vuoi per la diminuzione degli incidenti (poca gente in strada, meno gente a lavoro), vuoi per l'azzeramento in pratica degli interventi chirurgici, questi altri casi sono pochi.

 

Siete assaliti alle volte dalla paura di non farcela?

La paura del nemico invisibile è palpabile tra di noi mentre ci mettiamo le tute, le maschere e le visiere. Sappiamo che è un virus che provoca lievi sintomi nei giovani, ma questo non vale per il resto delle persone. Inoltre tutti noi abbiamo genitori, nonni, persone a casa con patologie. Nessuno ha voglia neanche di diventare portatore asintomatico.

 

Con quale animo si reca al lavoro?

Dentro quelle tute e quei reparti isolati si vive una alienazione che si mischia all'angoscia del non sapere come e quando finirà tutto questo. Che si somma all'impotenza di alcuni momenti di fronte alla domanda di quella persona che mentre fa fatica a respirare chiede di essere aiutata. Tu sai che ciò che gli puoi dare è un posto letto in rianimazione che in quel momento non c'è, che di lì a poche ore troverai il modo di liberare. Ma nel frattempo ti hanno già chiamato per un altro malato.

 

Andate mai in crisi?

E’ proprio in questi casi che compaiono la disperazione e le crisi di pianto e di rabbia perchè non riesci a gestire tutte queste cose e ti senti solo. C'è bisogno perciò di qualcuno che lì, in carne e ossa, ti aiuti, ti sia compagno. In questo, il rapporto con i miei colleghi più stretti sta crescendo in una maniera inaspettata. Siamo una vera squadra che adesso sta diventando ancora più matura e sono certo che ne usciremo ancora più uniti. Oltre che esperti, visto che accumuleremo l'esperienza di anni in pochi mesi. 

 

Dove si trova la forza in questi frangenti così stressanti?

Non basta lavorare bene. Non sempre trovo qualcuno con cui condividere i pensieri. Spesso sono solo in questi giorni frenetici. 

 

Ha un episodio da raccontare che l’ha confortata?

Mi ha fatto rinascere la telefonata di un amico, vedovo della mia amica Caterina. Era medico pure lei. Mi ha raccontato del sogno fatto da suo figlio (6 anni) il quale ha riferito che gli è apparsa in sogno la madre, bella e sorridente come spesso era solita, che si è presentata a casa loro mentre erano a pranzo. Il piccolo, di fronte alla sorpresa, le chiede: "ma dove sei stata in questo tempo mamma, tu sei morta?" "Ti sbagli Giacomo, io sono sempre viva, nella carne, in mezzo a voi". E' oggettivamente chiaro che non sono parole di bambino. Ciò che mi ha richiamato è il non credere che anche nel mezzo di un reparto Covid-19, in mezzo alle tute, alle polmoniti e alle paure, ci sia Lui per davvero, in carne e ossa in una forma che mai come oggi possiamo definire misteriosa. Pensare che lì accanto a me c'è la Cate, amica di studi e collega, è quanto di più di aiuto possa avere in questo momento.

 

E la famiglia a casa?

In questo senso, tornare a casa, cercare di occupare la noia di queste settimane con i bambini a casa, aiutarli nei compiti anche dopo una notte di lavoro fa parte di ciò che ci è chiesto in questi giorni. Continuo a chiedere che tutto questo finisca il prima possibile (sinceramente, non ho le competenze per capire quando) ma a questo punto devo anche fare i conti con ciò su cui papa Francesco proprio oggi ci richiama: "Non sprecate questi giorni difficili".

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