Cesena
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Cultura

Due nuclei archeologici inediti nel nuovo Museo archeologico

Si tratta di due grandi mascheroni scenografici di età rinascimentale e di tracce di un insediamento protostorico

Cesena, Museo archeologico (Wikimedia commons)

Ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che sia pronto il Museo archeologico di Cesena. Gli interventi strutturali nella sede, che si trova dietro la Biblioteca Malatestiana con accesso al chiostro di San Francesco, partiranno il prossimo anno e termineranno al più tardi nei primi mesi del 2023. Seguirà poi un altro stralcio per quanto concerne gli aspetti espositivi e tecnologici. Si tratta di un restyling completo che porterà una maggiore fruibilità degli spazi grazie a nuovi criteri di allestimento e a nuove metodologie di comunicazione.

In collaborazione con la Soprintendenza archeologia Belle arti e Paesaggio di Ravenna, al  suo interno verranno esposti anche ritrovamenti del tutto inediti per i futuri visitatori. Tra questi ci sono due nuclei di reperti archeologici provenienti da diversi contesti cesenati e di differente cronologia, privi di analogie con altri pezzi, che necessitano di restauro.

Il primo nucleo proviene da un recupero fortuito avvenuto una decina di anni fa in via Don Milani, in pieno centro storico, costituito da due grandi mascheroni scenografici in terracotta e una cornice dorata con putti di età rinascimentale. L’intervento sarà oggetto di una tesi di laurea nell’ambito del corso in Conservazione e restauro dell’Università di Bologna sede di Ravenna. Nel dettaglio, l’intervento prevede lo smontaggio del precedente assemblaggio, ritenuto inadeguato, e per una più approfondita comprensione dei reperti, dei materiali e delle tecniche di produzione saranno previste anche analisi diagnostiche affidate al Cnr Istec, l’Istituto di scienza e tecnologia dei materiali ceramici di Faenza.

Il secondo nucleo proviene da un scavo stratigrafico effettuato negli anni 1988-89 a Pievesestina, che portò all’accertamento della presenza di un insediamento protostorico. Alcuni dei numerosi materiali rinvenuti, che hanno portato a una datazione del sito alla seconda metà del V secolo a. C., sono stati restaurati qualche anno fa. Ora si rende necessaria la verifica della tenuta dei precedenti interventi e la revisione dei reperti metallici, oltre alla pulitura, lavaggio e restauro dei materiali ceramici. Il lavoro è stato affidato alla restauratrice di origine argentina, ma romagnola d’adozione, Ana Cecilia Hillar. Inoltre sempre il Cnr Istec di Faenza si occuperà di analizzare l’eventuale presenza di materiale organico nel terreno di riempimento ancora conservato in alcuni dei piccoli contenitori, per interpretarne al meglio la loro funzione.

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