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Il saluto a Renato Casadei: "Nel sentiero della Chiesa ha camminato tutta la vita"

Al termine della Messa il ricordo del figlio Paolo: "Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente"

Nella foto, il parroco don Walter Amaducci incensa la salma

Si sono svolti questa mattina i funerali di Renato Casadei, classe 1938, deceduto venerdì scorso nella sua abitazione (cfr notizia a fianco).

La Messa di commiato è stata celebrata nella chiesa di San Pietro gremita di fedeli, tra familiari, parenti e amici vecchi e nuovi di Casadei. Ha presieduto l'Eucaristia il parroco monsignor Walter Amaducci. Con lui hanno concelebrato l'assistente diocesano di Comunione e liberazione, don Stefano Pasolini, il vicario episcopale per l'economia, monsignor Ernesto Giorgi, il parroco di Santo Stefano, don Alessandro Forte, l'ex assistente di Cl, monsignor Onerio Manduca e don Enzo Zannoni, assistente di CL a Forlì. 

Di seguito pubblichiamo un ricordo scritto dal professor Marino Mengozzi. 

Autorevolezza vestita d’umiltà, sguardo sulla realtà alimentato d’intelligente ironia, fede certa colma di letizia: può essere questo, in breve, il ritratto di Renato Casadei (Cesena, 8 ottobre 1938 - 1° marzo 2024), un amico appena salito al Cielo, nel primo venerdì del mese, poco dopo essersi confessato e comunicato, appena tre ore prima di morire, come ha ricordato questa mattina don Walter durante l'omelia. Proprio così: come se avesse voluto prepararsi per l’incontro con il suo Signore e, subito dopo, dirgli «Eccomi».

È commovente. E la modalità del distacco trasforma quasi in bellezza il dolore per la partenza, lasciando in eredità a familiari e amici una misteriosa, ma palpabile serenità. Era palese nella chiesa di San Pietro al Rosario di suffragio, scorrendo i volti di moglie, figli (tre), nipoti (otto), e di una schiera di confratelli che da poco o da tanto tempo seguono le orme di don Giussani nel nome di Cristo e alla scuola della Chiesa. Su questo sentiero Renato ha camminato tutta la vita: nel lavoro, negli affetti, nella caritativa a Calabrina sin dalla sua fondazione, dietro ai sacerdoti baluardo (don Lino, don Ezio, don Onerio). Con i talenti e le passioni dominanti: l’apprezzata arte recitativa, la predilezione per la poesia maggiore e per Charles Péguy. Topici e indimenticabili i frizzi a fine campo estivo o in particolari circostanze, con Tg graffianti e scoppiettanti dove la misura dell’ilarità pareggiava il viver contento e l’amore alla compagnia. Assiduo lettore del «Corriere Cesenate», cui non fece mancare la sua collaborazione, ringraziava ogni volta che leggeva contributi che lo coinvolgevano. A Dio, caro “maestro”.

Al termine della Messa, a nome della famiglia è intervenuto il figlio Paolo che ha citato un noto canto: "Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente". Con queste parole ha inteso far comprendere il tanto bene seminato da Casadei durante tutta la sua vita. Bene reso tangibile, ha aggiunto il figlio, dalla numerosa presenza in chiesa stamattina, nonostante la giornata lavorativa, e dai numerosissimi messaggi arrivati ai familiari in questi giorni. 

Paolo Casadei ha ricordato un evento rimasto nella sua memoria di bambino. Nel 1981 accadde la tragedia di Vermicino che vide coinvolto il piccolo Afredino Rapi. "Avevo l'età di quel bambino - ha detto -. Sette anni. Il babbo aveva il cuore ferito dal dolore di un altro. Era commosso e chiedeva aiuto. E un babbo che chiede aiuto, è uno che lascia il segno. Sì, perché i figli non hanno bisogno di genitori perfetti. E quel dolore aveva a che fare con la sua semplicità. La semplicità di chi sa che tutto è dono".

Paolo ha fatto memoria del legame con la mamma e con gli amici. E poi quanto oggi è chiesto alla famiglia, dopo la perdita di Vincenzo, marito di Alice, la malattia di Sara, figlia di Alessandra Casadei e Stefano Del Testa (cfr pezzo a fianco), e ora con la morte di Renato. "Dio ci dà le prove - ha aggiunto il figlio Paolo - non per misurare la fede, ma perché cresca. Una fede come quella del babbo che dà forma alla vita".

Dopo la testimonianza del figlio, ha preso la parola il "nostro" fotografo Pier Giorgio Marini che assieme a Renato e all'amico comune Raffaele Bisulli ha fatto parte del terzetto che per anni ha dato vita ai famosi frizzi. "Don Ezio è stato per anni il nostro bersaglio preferito - ha sottolineato Marini - ed era il nostro primo tifoso". 

"Ci ricordiamo benissimo di come tu sceglievi le notizie da dare e quelle da accantonare: ”l’ironia” dicevi ”è come una carezza che scivola sui limiti e i difetti delle persone; il sarcasmo, invece, graffia e lascia dei segni". Un'ironia senza mai ferire. 

"Anche lassù - ha concluso Marini - se ti troverai a preparare dei “frizzi” con san Pietro, Billy, la Paola e Piero, continua a farlo come facevi quaggiù con noi".

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