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Marco Tarquinio: “È un mondo di pace quello che abbiamo costruito?”

A ruota libera l'ex direttore di Avvenire, invitato in città da "Idee per la sinistra" di Vasco Errani. A Cesena ha condotto Elena Baredi

A sinistra Elena Baredi, a destra Marco Tarquinio

“Viviamo un nuovo tempo di guerra”. Ucraina, Israele, Afghanistan, gli ultimi fronti sono solo una conferma, spiega Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire fino al maggio scorso, intervenuto oggi pomeriggio alla Biblioteca Malatestiana di Cesena all’incontro “Crisi globale, disuguaglianze e pace”, organizzato dall’associazione Idee per la sinistra. E la miccia, dice Tarquinio durante l'incontro condotto da Elena Baredi, è un ordine globale che fonda l’Occidente, nato dopo la fine della guerra fredda e del muro di Berlino, che ha aumentato il tenore di vita di tanti ma anche le diseguaglianze.

“Il mondo in cui abbiamo creato questo disordine – spiega – è quello dei buoni, delle libertà. Ci accorgiamo che il mondo si è fatto più a pezzi, circondato di armi”.

E la non violenza? “Non ci crediamo più – prosegue Tarquinio – al fatto che l’azione non violenta possa avere efficacia. Per qualcuno questa consapevolezza era alimentata dalla fede, per altri dalla fiducia in un’umanità condivisa. È quel che continua a dirci papa Francesco con ‘Fratelli tutti’ . Abbiamo celebrato da poco il 75esimo della Dichiarazione universale dei diritti umani. Ma ancora quella dichiarazione non è tradotta in tutti i Paesi con le stesse parole: in molti Paesi ad esempio non si parla di diritti degli uomini e delle donne, le parole non vengono declinate anche al femminile. È un altro modo di fare la guerra. Ma avevamo vinto noi no? Oggi c’è meno democrazia di allora. Abbiamo alleati che sono cerberi tanto quanto Putin, ma loro vanno bene, secondo le schema che abbiamo. Quei carri armati possono farlo, altri no. È un mondo in pace, è un mondo giusto? I valori sono affermati per tutti?”, si chiede l’ex direttore. 

Quanto spende il nostro pezzo di mondo in armi? “1300 miliardi di euro all’anno – quantifica -. È quattro volte quel che spende la Cina e 14 volte la Russia. Questo perché siamo in tempo di pace. Anche durante il Covid l’investimento in armi è aumentato, quello per l’istruzione è diminuito. Il 10% di quel che spendiamo in armi basterebbe a risolvere il problema della fame”.

Occorre mettere regole al mercato, che ha generato questo disordine globale, altrimenti il rischio è che ci finiscano uomini e le donne nel mercato, come merce. “Uno dei fenomeni del nostro tempo – esemplifica – è la difficoltà a procreare. Da qui nasce il mercato della fecondazione e delle gravidanze surrogate. Intere generazioni di donne stanno transitando in era non fertile senza avere figli. E questo porrà enormi problemi al sistema di welfare. Non si vede questo problema, ma il diritto a mettere al mondo dei figli in tarda età. Accade che ci siano donne che nei paesi poveri vengono trasformate in incubatrici di figli altrui. Che quel bambino sogni con lei, e poi alla fine possa sparire e non stare più con la sua mamma, dopo quella relazione fondamentale che si instaura nei nove mesi della gravidanza, è davvero impensabile. Capisco perché il movimento femminista sia stato al nostro fianco, come Avvenire, in questa battaglia”.

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