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Zavoli nel ricordo dell'associazione Zaccagnini

"Anche se tutti lo credevano riminese, compagno d’infanzia di Federico Fellini, Sergio Zavoli era nato a Ravenna e di questo era orgoglioso", scrive l'associazione culturale cesenate

Il senatore a vita Sergio Zavoli al Senato durante la presnetazione del libro "Madri" a cura di Elide Giordani (2017)

A proposito della morte di Sergio Zavoli, l'associazione "Benigno Zaccagnini" ha inviato alla stampa un ricordo. Ecco il testo.

Come giornalista Zavoli ha raccontato l’Italia in tante espressioni che restano come brani ed esempi di una antologia pubblica e civile: dallo sport in cui è stato inventore di un “genere” di reportage del tutto nuovo, alle vicende e alla storia del paese,  del lavoro, della società e della politica, cui ha dedicato insuperati pezzi di giornalismo  “alto”, esente da ogni faziosità o partigianeria,  con un linguaggio da vero e  grande maestro. Noi che lo abbiamo avuto a Cesena, ospite dell’Associazione (novembre 2009) non possiamo che rimpiangere la sua alta lezione professionale e umana, e piangiamo il venir meno di un esempio civile e politico di assoluta grandezza.
Anche se tutti lo credevano riminese, compagno d’infanzia di Federico Fellini, Sergio Zavoli era nato a Ravenna e di questo era orgoglioso. Ricordava che la sua casa era a pochi passi da quella di Benigno Zaccagnini, al quale era legato da una profonda amicizia.  Anche dopo il suo trasferimento a Rimini, si sentiva parte di una “famiglia” che aveva il suo riferimento nella storia e nei monumenti della città  e che aveva trovato in Mons. Tonini, negli anni della sua collaborazione in Rai, l’interlocutore che cercava di dare risposte alla sua ansia di ricerca spirituale e culturale. Accompagnò Tonini assieme a Enzo Biagi e ad altri giornalisti, all’udienza da papa Giovanni Paolo II, al momento della sua nomina a cardinale. I suoi ritorni a Ravenna non erano occasionali, perché a Ravenna veniva a trovare la madre, ospite dell’Opera Santa Teresa.
Con questi presupposti la sua amicizia e la sua stima per Zaccagnini, più anziano di lui di una decina d’anni, erano di grande rispetto, se non di affetto. Ricordando l’intervista  che gli fece nel lungometraggio “La notte della Repubblica “, la lucida analisi sul terrorismo e gli anni che avevano insanguinato l’Italia, quasi si commuoveva.  Si commosse qui a Cesena, quando nel ventennale della scomparsa di Zac, assieme a Guido Bodrato, gli chiedemmo se quella intervista era proprio necessaria, se non avesse riaperto in Zaccagnini ferite troppo gravi.  Ci rispose che quel dubbio tormentava anche lui, si pentiva quasi di quella domanda posta a Zac: “Se incontrasse la signora Moro cosa le direbbe?”. Riportava la risposta di Zac: “Signora, se ho sbagliato, le chiedo perdono”. Una risposta  toccante che dice tutto sull’animo con cui ZAC continuava ogni giorno, con sofferenza, a vivere la morte dell’amico Moro, e anche una grande lezione del giornalista Zavoli che per capire e indagare la verità  sapeva di non doversi fermare di fronte alle domande più scomode.
Quella domanda e quella risposta fanno ancora parte degli episodi, delle lezioni, dei valori che hanno resa forte la nostra Repubblica.

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