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emergenza sanitaria e informazione

Noi sappiamo di dover fare sempre meglio la nostra parte: informare con onestà intellettuale, con sobrietà, con razionalità, con rispetto per le persone e per le comunità

E’ come se un freddo sudario fosse calato sul nostro Paese, dal Nord verso il Centro e il Sud

Foto di repertorio

Se state leggendo queste povere righe vuol dire che il mondo dell’informazione ha ancora un piccolo scrigno di fiducia da custodire, curare, alimentare e soprattutto servire. E’ con questa solida convinzione che noi giornalisti stiamo vivendo con voi e per voi i giorni difficili del Coronavirus.

E’ come se un freddo sudario fosse calato sul nostro Paese, dal Nord verso il Centro e il Sud. E con esso una smisurata dose di angoscia mista a smarrimento e a sincera paura. Ma non possiamo lasciarci prendere dal panico né tanto meno possiamo rassegnarci all’inazione. L’epidemia non può e non deve portarci via le nostre certezze. Quelle di un popolo che ha fatto della resilienza la propria pasta costitutiva, della solidarietà lo strumento della rinascita, della coesione sociale e familiare il pilastro della vita comune.

E noi sappiamo di dover fare sempre meglio la nostra parte: informare con onestà intellettuale, con sobrietà, con razionalità, con rispetto per le persone e per le comunità. Ci si chiederà, giustamente, se lo abbiamo fatto sempre. Sì, onestamente, possiamo affermare che almeno ci abbiamo sempre provato. Di sicuro, però, non abbiamo mai accettato due logiche perverse che hanno stravolto in anni recenti il mondo dell’informazione italiana: la spettacolarizzazione e la disintermediazione.

La prima ha spinto tanta informazione verso una drammatizzazione polarizzante che ha diviso il mondo in buoni e cattivi, destra e sinistra, onesti e disonesti. E’ quanto accaduto in Italia da Mani Pulite in poi… Con disarmanti concessioni al giustizialismo e al peggiore dei gossip.

Poi la disintermediazione cavalcata senza ritegno dalla politica e dall’economia ha fatto il resto: se uno vale uno e se la competenza non è più un valore, figuriamoci cosa può sopravvivere del giornalismo che, in democrazia, è uno dei pilastri della intermediazione sociale...

Ma poi ecco arrivare da lontano un virus aggressivo e ingestibile che spazza via tutto: la spettacolarizzazione come la disintermediazione. Anzi, anche i loro padrini e padroni cominciano a invocare il ritorno alla serietà, alla sobrietà e alla competenza. Perché solo una coscienza avvertita ha ben presente la responsabilità di dover informare senza creare il panico in chi legge o ascolta. Ecco, oggi è il momento in cui tutti quelli che hanno tenuto la barra dritta e non hanno avuto paura di andare controcorrente, come salmoni dell’informazione, possono affermare che è stato un bene resistere. Questa giornale, come tanti altri periodici dei territori, può dire di aver fatto il proprio dovere. E di poter continuare a servire i propri lettori con la stessa onestà intellettuale di ieri. Con la stessa determinazione e passione.

Raccontando senza pregiudizi, ma con rispetto e compassione, mostrando  la bellezza della solidarietà e il volto oscuro dell’indifferenza, mettendo in luce il bene che uomini e donne di buona volontà sanno costruire anche nei momenti più drammatici, pur consapevoli che il male continuerà ad operare. Ma soprattutto invitando tutti ad esercitare la responsabilità personale e comunitaria dinanzi alla sfida lanciata dal Coronavirus con la propria adesione, non formale ma sostanziale, intelligente e persuasiva, alle durissime regole imposte per frenarne l’espansione. Perché il virus non l’abbia vinta.

E infine pregando, sia pure lontano dalla liturgia, come è giusto che sia stato deciso. Che poi, un po’ di nostalgia per l’Eucaristia, non può che farci bene. Molto bene.

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