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Ravenna, la Passione di Gesù nella Cattedra di Massimiano

Il parallelismo tra Giuseppe l’ebreo e Cristo

Cattedra di Massimiano

Nel Museo Arcivescovile di Ravenna è custodito un gioiello artistico che costituisce un patrimonio importante da un punto di vista storico-liturgico: La Cattedra d’avorio di Massimiano.

Il trono vescovile legato alla figura del vescovo Massimiano, che resse la chiesa ravennate nel VI secolo per volere dell’imperatore Giustiniano, era ornato, in principio, da 39 tavole. Lungo i secoli, 12 di queste sono andate perdute, arrecando un vuoto e una perdita per la memoria dei posteri.

Delle numerose tavole, che raffigurano vicende basilari sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, meritano una particolare menzione le 10 che riassumono la vita di Giuseppe l’ebreo e che sono una prefigurazione della Passione del Cristo.

La vita di questo personaggio biblico veterotestamentario, di cui troviamo notizie nel Libro della Genesi, è la narrazione del giusto perseguitato e per molti aspetti ricorda quella di Gesù. Non a caso se l’Antico Testamento è riassunto nel ciclo iconografico di Giuseppe, le cui formelle si trovano ai lati del seggio, il Nuovo Testamento lo è in quello di Cristo.

Effettuando un parallelismo tra i due, emergono le seguenti similitudini: così come Giuseppe venne tradito e abbandonato dai suoi fratelli, lo stesso avvenne con Gesù e i discepoli. Se, poi, andiamo a vedere colui che ordì di vendere il povero Giuseppe a una carovana di mercanti per 20 sicli d’argento, costui si chiama Giuda. Anche il discepolo che escogitò di vendere Gesù, e che in cambio ricevette 30 monete d’argento, portava lo stesso nome. Inoltre, la tunica della vicenda veterotestamentaria, che i fratelli presero e intinsero con il sangue di un capro, richiama alla mente la tunica di Cristo che le guardie romane si spartirono tirandola a sorte. Gesù venne condannato ingiustamente dal Sinedrio come molto tempo prima Giuseppe fu incolpato dalle menzogne della moglie di Potifar. E ancora, se Giuseppe era famoso e seguito per la sua sapienza, dovuta in parte al dono di saper interpretare i sogni, allo stesso modo Gesù era seguito da una numerosa folla per la sapienza delle sue parole e per riuscire a dare un significato alle antiche scritture - nel Vangelo di Luca è riportato che “gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca” (4,22). Da ultimo - ma ci sarebbero molti altri accostamenti tra le due figure, come Giuseppe venne riscattato dalle sue pene, divenendo viceré d’Egitto, ugualmente avvenne per Gesù che, dopo il supplizio della croce, fu glorificato salendo al cielo alla destra del Padre.

Tutti questi parallelismi affondano le radici nella teologia dei Padri della Chiesa. Uno su tutti, san Pietro Crisologo, che precedette Massimiano nel ministero di presule della città di Ravenna, nel suo sermone 146 compie la seguente rilettura: “Giuseppe è diffamato dai fratelli, Cristo è accusato dai falsi testimoni. Giuseppe incappa nell’invidia per i suoi sogni profetici, Cristo incontrò l’invidia per le sue profetiche visioni. Giuseppe gettato nella cisterna di morte, ne risale vivo, Cristo posto nel sepolcro di morte, ne ritorna vivo. Giuseppe fu venduto, Cristo fu valutato un determinato prezzo. Giuseppe è condotto in Egitto, in Egitto è fatto fuggire Cristo. Giuseppe somministra pane in abbondanza ai popoli affamati, Cristo con pane del cielo sazia le nazioni che si trovano in tutta la terra”. Già il fatto che in principio Gesù venne affidato alla custodia di Giuseppe, sposo di Maria, lascia presagire le sue future sofferenze, richiamate dal nome del padre putativo in analogia a quel Giuseppe dell’Antico Testamento.                                                                                       

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