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Fine vita

I vescovi dell'Emilia-Romagna su decreto suicidio assistito: “Proposta che sconcerta”

"Netto rifiuto" della Ceer verso la "scelta eutanasica" della Regione

Foto di Enlightening Images da Pixabay

“La proposta della Regione Emilia-Romagna di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla”. È quanto scrive in una Dichiarazione dedicata al fine vita la Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, riunita ieri in Assemblea a Roma, dove si trova per la visita ad Limina.

“Il valore della vita umana si impone da sé in ogni sua fase, specialmente nella fragilità della vecchiaia e della malattia”, scrivono i vescovi. “Proprio lì la società è chiamata ad esprimersi al meglio, nel curare, nel sostenere le famiglie e chi è prossimo ai malati, nell’operare scelte di politiche sanitarie che salvaguardino le persone fragili e indifese, e attuando quanto già è normato circa le cure palliative. Impegno, questo, che qualifica come giusta e democratica la società. Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica”.

Con la Dichiarazione, i vescovi intendono “offrire” un contributo, “sulla base della condivisa dignità della persona e del valore della vita umana, rivolgendoci non solo ai credenti ma a tutte le donne e gli uomini”. Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione - afferma l’episcopato regionale - e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione - incalzano i vescovi - non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono. Tale prossimità e le ragioni che la generano hanno radici nell’umanità condivisa, nel valore unico della vita, nella dignità della persona”.

Nascere, vivere, morire: tre verbi che disegnano la traiettoria dell’esistenza”, si legge nella dichiarazione. “La persona li attraversa, forte della sua dignità che l’accompagna per tutta la vita: quando nasce, cresce, come quando invecchia e si ammala”. I vescovi osservano come “gli sviluppi della medicina e del benessere consentono oggi cure nuove e un significativo prolungamento dell’esistenza”.

“Si profila così la necessità di modalità di accompagnamento e di assistenza permanente verso le persone anziane e ammalate, anche quando non c’è più la possibilità di guarigione, continuando e incrementando l’ampio orizzonte delle "cure", cioè di forme di prossimità relazionale e mediche. Alla base di questa esigenza - scrivono i vescovi - ci sono il valore della vita umana, condizione per usufruire di ogni altro valore, che costruisce la storia e si apre al mistero che la abita, e la dignità della persona, in intrinseca relazione con gli altri e con il mondo che la circonda”.

Fonte: Sir
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