Dalla Chiesa
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La domenica del Papa

Papa Francesco, all'Angelus un appello per il Myanmar

“La fede è riconoscere che da soli non siamo in grado di stare a galla”, ha detto il Santo Padre durante la preghiera mariana

(Foto archivio Vatican Media/SIR)

“Unisco la mia voce a quella dei vescovi del Myanmar, che la scorsa settimana hanno lanciato un appello richiamando all’attenzione del mondo intero l’esperienza straziante di migliaia di persone che in quel Paese sono sfollate e stanno morendo di fame”. Così il Papa, al termine dell’Angelus di ieri. “Noi supplichiamo con tutta la gentilezza di permettere corridoi umanitari – l’appello del Santo Padre con le parole dei presuli locali – e che chiese, pagode, monasteri, moschee, templi, come pure scuole e ospedali siano rispettati come luoghi neutrali di rifugio”.

“Che il Cuore di Cristo tocchi i cuori di tutti portando pace nel Myanmar!”, l’auspicio di Francesco, che ha citato anche la Giornata mondiale del rifugiato per lanciare un altro appello: “Apriamo il nostro cuore ai rifugiati; facciamo nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza! E così, tutti insieme, faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia”.

“Tante volte anche noi, assaliti dalle prove della vita, abbiamo gridato al Signore: ‘Perché resti in silenzio e non fai nulla per me?’”, aveva detto il Papa, commentando durante l’Angelus l’episodio evangelico della tempesta sedata. “Soprattutto quando ci sembra di affondare – ha proseguito Francesco – perché l’amore o il progetto nel quale avevamo riposto grandi speranze svanisce; o quando siamo in balìa delle onde insistenti dell’ansia; oppure quando ci sentiamo sommersi dai problemi o persi in mezzo al mare della vita, senza rotta e senza porto. O ancora, nei momenti in cui viene meno la forza di andare avanti, perché manca il lavoro oppure una diagnosi inaspettata ci fa temere per la salute nostra o di una persona cara”.

“Sono tanti i momenti nei quali ci sentiamo in una tempesta, ci sentiamo quasi finiti”, ha sottolineato il Papa: “In queste situazioni e in tante altre, anche noi ci sentiamo soffocare dalla paura e, come i discepoli, rischiamo di perdere di vista la cosa più importante”. “Stavo vedendo, nel programma ‘A sua immagine’, oggi, Giorno del rifugiato – ha rivelato Francesco – tanti che vengono in barconi e nel momento di annegare gridano: ‘Salvaci!’. “Anche nella nostra vita succede lo stesso: ‘Signore, salvaci!’, e la preghiera diventa un grido”. “Oggi possiamo chiederci”, il suggerimento del Papa: “Quali sono i venti che si abbattono sulla mia vita, quali sono le onde che ostacolano la mia navigazione e mettono in pericolo la mia vita spirituale, la mia vita di famiglia, la mia vita psichica pure? Diciamo tutto questo a Gesù, raccontiamogli tutto. Egli lo desidera, vuole che ci aggrappiamo a Lui per trovare riparo contro le onde anomale della vita”.

“Ecco l’inizio della nostra fede”, ha spiegato Francesco: “Riconoscere che da soli non siamo in grado di stare a galla, che abbiamo bisogno di Gesù come i marinai delle stelle per trovare la rotta. La fede comincia dal credere che non bastiamo a noi stessi, dal sentirci bisognosi di Dio. Quando vinciamo la tentazione di rinchiuderci in noi stessi, quando superiamo la falsa religiosità che non vuole scomodare Dio, quando gridiamo a lui, egli può operare in noi meraviglie. È la forza mite e straordinaria della preghiera, che opera miracoli”.

“La paura ci porta a guardare le difficoltà, i problemi brutti e non a guardare il Signore, che tante volte dorme”, il commento del Papa: “Anche per noi è così: quante volte restiamo a fissare i problemi anziché andare dal Signore e gettare in lui i nostri affanni! Quante volte lasciamo il Signore in un angolo, in fondo alla barca della vita, per svegliarlo solo nel momento del bisogno!”.

Fonte: Sir
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