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Papa Francesco: messaggio Giornata missionaria, “ogni cristiano è chiamato ad essere missionario in comunione con la Chiesa”

“I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali”, ricorda Francesco: “Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli”

Foto archivio agensir.it

“La Chiesa è per sua natura missionaria”. A ribadirlo è il Papa, nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale, che si celebra domenica 23 ottobre sul tema “Di me sarete testimoni” (At 1,8). “Ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo”, prosegue Francesco: “E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare”. “Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa”, il monito del Papa: “E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato”. “La testimonianza dei cristiani a Cristo ha un carattere soprattutto comunitario”, ribadisce il Papa sulla scorta dell’Evangelii nuntiandi di Paolo VI: “Da qui l’importanza essenziale della presenza di una comunità, anche piccola, nel portare avanti la missione”.

“I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali”, ricorda Francesco: “Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli”. Il vero testimone, quindi è il “martire”, cioè “colui che dà la vita per Cristo, ricambiano il dono che Lui ci ha fatto di sé stesso”. “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”, scrive Francesco citando San Paolo VI: “la fede dipende dalla predicazione”, come affermava San Paolo. “Nell’evangelizzazione, perciò, l’esempio di vita cristiana e l’annuncio di Cristo vanno insieme”, spiega il Papa: “L’uno serve all’altro. Sono i due polmoni con cui deve respirare ogni comunità per essere missionaria”. “Questa testimonianza completa, coerente e gioiosa di Cristo sarà sicuramente la forza di attrazione per la crescita della Chiesa anche nel terzo millennio”, assicura il Santo Padre, esortando “tutti a riprendere il coraggio, la franchezza, quella parresia dei primi cristiani, per testimoniare Cristo con parole e opere, in ogni ambiente di vita”.

I cristiani “non sono mandati a fare proselitismo, ma ad annunciare; il cristiano non fa proselitismo” scrive ancora il Papa. “I primi cristiani – ricorda Francesco –  furono perseguitati a Gerusalemme e perciò si dispersero in Giudea e Samaria e testimoniarono Cristo dappertutto”. “Qualcosa di simile ancora accade nel nostro tempo”, il monito del Papa: “A causa di persecuzioni religiose e situazioni di guerra e violenza, molti cristiani sono costretti a fuggire dalla loro terra verso altri Paesi”. “Siamo grati a questi fratelli e sorelle che non si chiudono nella sofferenza ma testimoniano Cristo e l’amore di Dio nei Paesi che li accolgono”, l’omaggio di Francesco, che citando Paolo VI sottolinea la “responsabilità che spetta agli emigranti nei Paesi che li ricevono”.

“Sempre più sperimentiamo come la presenza dei fedeli di varie nazionalità arricchisce il volto delle parrocchie e le rende più universali, più cattoliche”, la fotografia del Papa, secondo il quale “la cura pastorale dei migranti è un’attività missionaria da non trascurare, che potrà aiutare anche i fedeli locali a riscoprire la gioia della fede cristiana che hanno ricevuto”. “La Chiesa di Cristo era, è e sarà sempre in uscita verso i nuovi orizzonti geografici, sociali, esistenziali, verso i luoghi e le situazioni umane di confine, per rendere testimonianza di Cristo e del suo amore a tutti gli uomini e le donne di ogni popolo, cultura, stato sociale”, scrive Francesco, spiegando che “la missione sarà sempre anche missio ad gentes, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, perché la Chiesa dovrà sempre spingersi oltre, oltre i propri confini, per testimoniare a tutti l’amore di Cristo”. Di qui il ringraziamento ai “tanti missionari che hanno speso la vita per andare ‘oltre’, incarnando la carità di Cristo verso i tanti fratelli e sorelle che hanno incontrato”.

“Come nessuno può dire: ‘Gesù è Signore’, se non sotto l’azione dello Spirito Santo, così nessun cristiano potrà dare testimonianza piena e genuina di Cristo Signore senza l’ispirazione e l’aiuto dello Spirito”. Ne è convinto il Papa, che afferma: “ogni discepolo missionario di Cristo è chiamato a riconoscere l’importanza fondamentale dell’agire dello Spirito, a vivere con lui nel quotidiano e a ricevere costantemente forza e ispirazione da lui. Anzi, proprio quando ci sentiamo stanchi, demotivati, smarriti, ricordiamoci di ricorrere allo Spirito Santo nella preghiera”. “È lo Spirito il vero protagonista della missione”, ribadisce Francesco: “è lui a donare la parola giusta al momento giusto nel modo giusto”. “Continuo a sognare la Chiesa tutta missionaria e una nuova stagione dell’azione missionaria delle comunità cristiane”, rivela il Papa all’inizio di questo 2022, che celebra i quattrocento anni dall’istituzione della Sacra Congregazione de propaganda fide, rivelatasi “cruciale per rendere la missione evangelizzatrice della Chiesa veramente tale, indipendente cioè dalle ingerenze dei poteri mondani, al fine di costituire quelle Chiese locali che oggi mostrano tanto vigore”.

“Ci auguriamo che, come nei quattro secoli passati, la Congregazione, con la luce e la forza dello Spirito, continui e intensifichi il suo lavoro nel coordinare, organizzare, animare le attività missionarie della Chiesa”, l’auspicio di Francesco, che cita anche Pauline Jaricot, la ragazza francese che 200 anni fa ha fondato l’Associazione della Propagazione della Fede, e la cui beatificazione si celebra in quest’anno giubilare. “Pur in condizioni precarie, lei accolse l’ispirazione di Dio per mettere in moto una rete di preghiera e colletta per i missionari, in modo che i fedeli potessero partecipare attivamente alla missione fino ai confini della terra”, scrive il Papa, ricordando che “da questa idea geniale nacque la Giornata Missionaria Mondiale che celebriamo ogni anno, e la cui colletta in tutte le comunità è destinata al fondo universale con il quale il Papa sostiene l’attività missionaria”.

Infine, il Papa cita il vescovo francese Charles de Forbin-Janson, che iniziò l’Opera della Santa Infanzia per promuovere la missione tra i bambini con il motto “I bambini evangelizzano i bambini, i bambini pregano per i bambini, i bambini aiutano i bambini di tutto il mondo”, e Jeanne Bigard, che diede vita all’Opera di San Pietro Apostolo per il sostegno dei seminaristi e dei sacerdoti in terra di missione. “Queste tre Opere missionarie sono state riconosciute come “pontificie” proprio cent’anni fa”, ricorda Francesco: “Ed è stato pure sotto l’ispirazione e la guida dello Spirito Santo che il beato Paolo Manna, nato 150 anni or sono, fondò l’attuale Pontificia Unione Missionaria per sensibilizzare e animare alla missione i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutto il popolo di Dio. Di quest’ultima Opera fece parte lo stesso Paolo VI, che le diede il riconoscimento pontificio”.

“Auspico che le Chiese locali possano trovare in queste Opere un solido strumento per alimentare lo spirito missionario nel Popolo di Dio”, l’augurio finale.

Fonte: Sir
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