Dalla Chiesa
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Giornalista nato in Olanda nel 1881

San Titus Brandsma: la vita è amore anche in un lager

Il frate carmelitano sarà proclamato santo da papa Francesco domenica 15 maggio a San Pietro. Le suore carmelitane del monastero “Santa Maria della vita” di Sogliano al Rubicone ci hanno inviato un contributo per “condividere con i lettori i tratti salienti di questa figura. Per abbozzarne un ritratto, per quanto limitato, della sua vita, della sua spiritualità e della sua testimonianza nei lager nazisti”

 

San Titus Brandsma: la vita è amore anche in un lager

Domenica 15 maggio, quinta domenica di Pasqua, alle 10 sul sagrato della basilica di San Pietro, il Papa presiederà la celebrazione eucaristica e il rito della canonizzazione dei beati Titus Brandsma, Lazzaro detto Devasahayam, César de Bus, Luigi Maria Palazzolo, Giustino Maria Russolillo, Charles de Foucauld, Marie Rivier, Maria Francesca di Gesù Rubatto, Maria di Gesù Santocanale e Maria Domenica Mantovani.

Titus Brandsma è un frate carmelitano olandese ucciso nel campo di concentramento di Dachau, in Germania. Le suore carmelitane del monastero “Santa Maria della vita” di Sogliano al Rubicone ci hanno inviato un loro contributo per “condividere con i lettori i tratti salienti di questa meravigliosa figura per abbozzarne un ritratto, per quanto limitato, della sua vita, della sua spiritualità e della sua testimonianza nei lager nazisti”.

 

Carmelitano e giornalista

La stampa, uno strumento di evangelizzazione

Anno Sjoerd Brandsma nasce a Ugokloster il 23 febbraio 1881 nella regione della Frisia (Olanda del Nord). Il 17 settembre 1898 entra nell’Ordine dei Carmelitani. Da questo momento cambierà il proprio nome in Titus. Egli si rende conto che in una società sempre più laicizzata, la stampa può rappresentare un nuovo metodo di evangelizzazione cattolica e inizia la sua attività giornalistica che lo porterà ad essere nominato, nel 1935, da monsignor De Jong, assistente nazionale dei giornalisti cattolici d’Olanda.

 

Una pagina bianca su cui scrivere una storia diversa

La sua vita diviene sempre più una chiave che scardina tutte le chiusure, una pagina bianca su cui scrivere una storia diversa: testimone di Cristo sulle strade degli uomini. Ha una particolare predilezione per i poveri e per gli ultimi della società, attenzione che non verrà mai meno nemmeno quando verrà eletto Rettore Magnifico dell’Università Cattolica di Nimega. Con la stessa energia egli si dedica a un percorso d’incontro ecumenico fra i fratelli divisi della Chiesa Cristiana e coltiva un profondo interesse per la filosofia e la mistica. L’instancabile attività di Titus s’innesta in una salute molto cagionevole che lo costringe a rimanere anche lunghi periodi a letto.

Nel frattempo il Nazismo invade anche l’Olanda e p. Titus intuisce che il Regime cerca di sovvertire le verità indiscutibili della dignità umana attraverso la scuola e la stampa: questo lo esporrà in prima persona contro il Nazismo nella veste di religioso, in quella di preside dell’organizzazione delle scuole cattoliche e nel suo ruolo di assistente nazionale dei giornalisti cattolici.  P. Titus prenderà posizione contro il decreto nazionalsocialista che impone di non accettare ragazzi ebrei nelle scuole così pure contro il decreto che obbliga i giornali cattolici a pubblicare inserzioni nazionalsocialiste. Il 30 dicembre 1941, p. Titus viene convocato dall’arcivescovo di Utrech: si ritiene necessario creare un fronte unico di opposizione all’interno della stampa cattolica coinvolgendo tutti i direttori dei giornali. Il nostro frate carmelitano si offre volontario lavorando egli stesso alla stesura della lettera che consegnerà personalmente a tutti i direttori dei giornali cattolici.

La sera del 19 gennaio 1942 Titus viene tratto in arresto presso il convento di Nimega da due agenti delle SS. Inizia per il nostro anziano carmelitano un calvario fatto di percosse, umiliazioni e derisioni che lo porterà, il 26 luglio 1942, alla morte per iniezione di acido fenico. La situazione inumana della prigionia lo conformano sempre più a Cristo con il quale vive un rapporto profondo e radicale. La luce che emana dal suo volto stupisce tutti: dai compagni di prigionia alle guardie dei vari Campi in cui è deportato. Prima di morire consegna il suo rosario all’infermiera addetta alle iniezioni di acido fenico la quale, dopo avergli somministrato la dose mortale, entra in una crisi esistenziale che la porterà ad una radicale conversione di vita.

 

Nel 1985 la beatificazione da parte di papa Giovanni Paolo II

Il 3 novembre 1985, Giovanni Paolo II proclama p. Titus “Beato” riconoscendone l’eroicità delle virtù e il martirio. In quell’occasione, una rappresentanza del popolo tedesco e una rappresentanza del popolo olandese sfilano insieme come a voler simboleggiare il concretizzarsi del sogno di Titus: “Dio conceda ai due popoli che fra non molto possano stare di nuovo uno accanto all’altro in piena libertà e pace…”.

 

Spiritualità, testimonianza nei campi di concentramento nazisti e contesto familiare

In questo secondo capitolo con S. Titus Brandsma, vogliamo approfondire il suo aspetto spirituale che diverrà l’humus in cui maturerà la sua testimonianza di Luce all’interno dei campi di concentramento nazisti. Il contesto familiare, fortemente credente, radica fin da subito il nostro santo carmelitano in un rapporto con Dio molto profondo.

La Vergine Maria rappresenta una figura di riferimento molto importante per p. Titus che vede nel rapporto tra la Madre di Dio e il Figlio, il modello per ogni cristiano. Egli afferma: “Maria, la madre di tutti gli uomini, è l’esempio di come Dio deve essere di nuovo generato in noi, come Dio deve vivere in noi”.

P. Titus è attratto dalla mistica, studia e approfondisce molti mistici e matura egli stesso un rapporto sempre più profondo e personale con Dio che non è mera fede personalistica. “La preghiera è vita non un’oasi nel deserto della vita” afferma Titus e ancora: “è un grande peccato che non si capisca in questo senso il misticismo… quando Dio ti incontra è tutta la tua esistenza ad esserne trasformata e non solo l’intelligenza, si vede che Dio ti possiede dal modo in cui tu parli, in cui tu agisci, in ogni tua espressione vitale…. Tu guardi gli uomini e le cose con gli stessi occhi di Dio. Li ami con Lui e in Lui.  Tu vedi il mondo avendo Dio sullo sfondo, cosicché Egli non crea alcun contrasto col mondo stesso … noi dobbiamo uscire da noi stessi… dobbiamo far di tutto per appartenere a questo sfondo che è Dio … le persone che non si tirano indietro da questo abbraccio, arriveranno a fare esperienza del suo amore, del suo grande amore!”. Prosegue ancora: “Non dobbiamo considerare la persona amante di Dio, il mistico, come colui che sta fuori della vita, della storia…Dobbiamo capire il nostro tempo e non estraniarci dalla storia! Anche noi siamo figli del nostro tempo, siamolo con chiara coscienza!”.

Titus per primo porterà il peso responsabile della storia quando la storia stessa gli porrà davanti la negazione di Dio, del prossimo e persino della sua vita. Una buona palestra in questo senso, il frate carmelitano la matura attraverso la mistica della sofferenza, strettamente legata al suo stato di salute:Non servire il Signore con molti sospiri. Col volto lieto e coraggiosamente mostra quanto sono vere le parole del Signore; «il mio giogo è soave e il mio peso è leggero»“.

Il buon umore caratterizza anche le fasi più critiche della sua malattia e, dietro questa energia che in lui si sprigiona, c’è un’illimitata fiducia in Dio. Sarà una mistica come santa Teresa d’Avila a fargli compagnia nei primi mesi di prigionia: egli infatti conosce a memoria le opere della carmelitana spagnola e, tra le righe di un libro in suo possesso, avvia la prima traduzione in olandese di tali opere.

Sarà comunque proprio nell’obbrobrio dei campi di concentramento che Tito manifesterà con la sua persona, la presenza del Dio Amore che l’abbrutimento del male non potrà piegare. I compagni di prigionia, testimonieranno una luce diversa che emana dal suo volto emaciato e sofferente; una tenerezza e un’accoglienza dell’altro che non si ferma nemmeno davanti agli aguzzini del Campo.

In un suo piccolo diario di prigionia, scrive: “...  benché non sappia come andrà a finire, so bene però che mi trovo nelle mani di Dio… Il passo celebre che S. Teresa teneva gelosamente nel suo breviario anche per me è ora di consolazione e di sprone…: Nada te turbe, nada te espante. Todo pasa (…) Dios basta… Beata solitudo… Sono solo, è vero, ma mai il Signore mi è stato così vicino… Sento la voglia di gridare per la gioia perché Egli di nuovo, nella sua pienezza, si è fatto trovare da me, senza che io vada dagli uomini e che gli uomini vengano a me…”.

Nella capacità di vedere Dio operante anche in quella realtà brutale, Titus scardina il potere del male; nel non chiudersi nelle proprie sofferenze facendo posto a quelle degli altri, testimonierà il Volto del Dio Amore. Sarà proprio nel rispettare la dignità di “Figlia amata dal Padre”, che Titus porrà il germe della conversione nel cuore dell’infermiera del Campo che gli somministrerà l’iniezione letale di acido fenico e che, qualche anno dopo, testimonierà al suo processo di Beatificazione. Bella e intensa la preghiera che Titus scrive in prigione e di cui riportiamo il versetto finale: “Fermati Gesù, non mi lasciare! La Tua divina presenza, rende facile e bella ogni cosa!”. Sì, è proprio questa “Divina Presenza” che dimora nel cuore di S. Titus Brandsma che lo conforma sempre più a Cristo, è questo Amore folle fino alla Croce che lo trasforma in una luce potente nel buio della storia dell’uomo.

 

"La Chiesa non conosce distinzione né di sesso, né di razza, né di popoli. Non possiamo rifiutare loro l’ammissione nelle nostre scuole”

Quando nel maggio del 1940, la Germania di Hitler occupa l’Olanda, non si aspetta certo di trovare davanti a sé l’opposizione compatta di tutta la Chiesa Cattolica del paese. Già da qualche anno p. Titus Brandsma vede con lucidità il baratro mortale che si nasconde dietro il regime nazionalsocialista. Nel 1935 infatti, tramite un suo articolo, Titus prende posizione contro le disposizioni date in Germania che vietano il matrimonio fra la “razza” ebraica e quella ariana. Il nostro frate carmelitano scrive: “I nemici e gli avversari degli ebrei sono ben piccoli se ritengono di dover agire così inumanamente!... viviamo in un mondo in cui si condanna persino l’amore, dicendo che è una debolezza da superare… niente amore, ma sviluppo della propria forza! … ognuno sia il più forte possibile; lasci perire i deboli! … Dicono che la religione cristiana con la predicazione dell’amore abbia fatto il suo tempo, e debba essere sostituita dall’antica potenza germanica … vengono a voi con queste dottrine e trovano della gente che le accetta volentieri … l’amore viene disconosciuto… benché il neopaganesimo non voglia più l’amore, nondimeno noi vinceremo con l’amore questo paganesimo!”.

Dopo aver occupato l’Olanda con le armi, il regime nazista cerca di occupare le coscienze del popolo in modo capillare attraverso un graduale e inesorabile controllo della formazione, della stampa e di tutti i mezzi di comunicazione. Vengono così richiesti annunci pubblicitari del partito nazista anche ai quotidiani cattolici i quali, su invito dei vescovi, rifiutano la pubblicazione di tali inserzioni. Lo scontro tra p. Titus e il nazionalsocialismo diventa sempre più serrato man mano che il partito di Hitler prende decisioni via via più stringenti come il decurtamento dello stipendio agli insegnati religiosi e il relativo divieto di qualsiasi ruolo direttivo all’interno del tessuto scolastico o l’imposizione di non accettare ragazzi ebrei nelle scuole. Titus, come preside dell’organizzazione delle scuole cattoliche, scrive una circolare in cui afferma: “… la Chiesa non conosce distinzione né di sesso, né di razza, né di popoli…. Noi non possiamo rifiutare loro l’ammissione nelle nostre scuole…”.

 

Divieto di inserzioni nazionalsocialistiche nei giornali cattolici. E l’arresto il 19 gennaio 1942

Lo scontro raggiunge il suo apice quando, il 30 dicembre 1941, p. Titus viene convocato dall’arcivescovo di Utrech. La Chiesa olandese ritiene necessario creare un fronte unico di opposizione all’interno della stampa cattolica coinvolgendo tutti i direttori dei giornali. P. Titus, quale assistente nazionale dei giornalisti cattolici d’Olanda, si offre volontario: quella sera stessa lavora alla stesura della lettera da recapitare personalmente a tutti i direttori dei giornali cattolici. Dopo aver consegnato tale missiva in cui viene chiesto il divieto di pubblicare inserzioni nazionalsocialiste anche a rischio di chiusura degli stessi giornali, p. Titus viene arrestato da due agenti delle SS al suo rientro nel convento di Nimega. È la sera del 19 gennaio 1942.

Da questo momento inizia per il nostro frate carmelitano un intenso cammino fatto di percosse, umiliazioni e vessazioni. Il giudice che lo interroga chiede di ritrattare cambiando posizione, ma Titus su un foglio scrive le sue motivazioni rimanendo coerente al Vangelo di Cristo.

 

I compagni di prigionia e le guardie rimangono stupiti dalla luce e dalla misericordia che traspare dal suo volto.
Dopo l’iniezione letale, l’infermiera si convertì e testimoniò al processo di beatificazione

Si aprono per p. Titus le porte di diversi campi di prigionia fino a raggiungere il famigerato Campo di sterminio di Dachau in Germania. In ogni realtà toccata da San Titus, i compagni di prigionia e le stesse guardie, rimangono stupiti dalla luce e dalla misericordia che traspare dal volto dell’anziano e sofferente carmelitano. È un esempio per tutti.

Alla giovane infermiera del campo che gli inietterà l’iniezione di acido fenico letale, Titus offre il suo rosario. La donna afferma di non saper pregare, ma l’anziano prigioniero le risponde che basta dire “prega per noi peccatori”. Il 26 luglio 1942 viene iniettata a p. Titus un’iniezione di acido fenico. Il suo corpo viene poi posto nei forni crematori. L’infermiera del campo nell’iniettare tale iniezione entra in una crisi profonda che la porterà alla conversione e, qualche anno dopo, alla testimonianza nel Processo di Beatificazione del nostro piccolo, grande uomo, disperso nel vento della follia umana per seminare la Via autentica che libera l’uomo da ogni catena.

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