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15 agosto, la festa

"Ave, stella del mare": le parole del vescovo Douglas al Monte nel giorno della festa dell'Assunta

"Invochiamo Maria Madre della speranza, stella del mare, stella della speranza. Il cristiano è l'uomo della speranza"

"Ave, stella del mare": le parole del vescovo Douglas al Monte nel giorno della festa dell'Assunta

Con la Messa solenne presieduta dal vescovo Douglas ieri pomeriggio, si sono concluse nella Basilica di Santa Maria del Monte, a Cesena, le celebrazioni della festa dell'Assunzione di Maria.

Pubblichiamo di seguito le parole dell'omelia di monsignor Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina.

 

Sonno o morte?

Con la rappresentazione della Pentecoste e della Dormitio Mariae, il Longhi chiude il ciclo degli affreschi sulla vita della Madonna collocati nella navata centrale della nostra Basilica, che in questi anni abbiamo commentato. L’ultimo affresco ci rappresenta il sonno di Maria o la sua morte. Maria si è addormentata senza più risvegliarsi o è morta? “La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena - così ci insegna il Magistero della Chiesa - fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo” (Pio XII, Cost. ap. Munificentissimus Deus, 1° novembre 1950) e perciò, a giusto titolo, la invochiamo Madre della speranza, stella del mare, stella della speranza. Sotto questo aspetto, significativo è l’insegnamento degli ultimi tre papi che vorrei qui riprendere brevemente.

Cominciamo con san Paolo VI che nell’esortazione Gaudete in Domino ha scritto: “Al primo posto ecco la Vergine Maria, piena di grazia, la Madre del Salvatore. Disponibile all'annuncio venuto dall'alto, essa, la serva del Signore, la sposa dello Spirito Santo, la Madre dell'eterno Figlio, fa esplodere la sua gioia dinanzi alla cugina Elisabetta. (…) Non che l'apparente corso della vita di Maria esca dalla trama ordinaria: ma essa riflette sui più piccoli segni di Dio, meditandoli nel suo cuore. Non che le sofferenze le siano state risparmiate: essa sta in piedi accanto alla croce, associata in modo eminente al sacrificio del Servo innocente, Lei ch'è madre dei dolori. Ma essa è anche aperta senza alcun limite alla gioia della Risurrezione; ed essa è anche elevata, corpo e anima, alla gloria del Cielo. Prima creatura redenta, Immacolata fin dalla concezione, dimora incomparabile dello Spirito, abitacolo purissimo del Redentore degli uomini, essa è al tempo stesso la Figlia prediletta di Dio e, nel Cristo, la Madre universale. Essa è il tipo perfetto della Chiesa terrena e glorificata. (…) Vicina al Cristo, essa ricapitola in sé tutte le gioie, essa vive la gioia perfetta promessa alla Chiesa: Mater plena sanctae laetitiae; e giustamente i suoi figli qui in terra, volgendosi verso colei che è madre della speranza e madre della grazia, la invocano come la causa della loro gioia: Causa nostrae laetitiae (9 maggio 1975, IV).

San Giovanni Paolo II nell’esortazione Ecclesia in Europa (28 giugno 2003) aggiunge alla speranza anche la consolazione e scrive: “In questa contemplazione, animata da genuino amore, Maria ci appare come figura della Chiesa che, nutrita dalla speranza, riconosce l'azione salvifica e misericordiosa di Dio, alla cui luce legge il proprio cammino e tutta la storia. Ella ci aiuta a interpretare anche oggi le nostre vicende in riferimento al suo Figlio Gesù. Creatura nuova plasmata dallo Spirito Santo, Maria fa crescere in noi la virtù della speranza (n. 125).

Nel messaggio per la Giornata mondiale della Gioventù del 2009, utilizzando l’immagine del mare, Benedetto XVI la chiama - come fa la Chiesa con l’inno Ave, Maris stella - stella del mare, cioè stella della speranza: “Colei che ha incarnato la speranza di Israele, che ha donato al mondo il Salvatore ed è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce, è per noi modello e sostegno. Soprattutto, Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all’alba radiosa dell’incontro con il Risorto. (…) Maria, Stella del mare, sii tu a guidare i giovani del mondo intero all’incontro con il tuo Figlio divino Gesù, e sii ancora tu la celeste custode della loro fedeltà al Vangelo e della loro speranza” (Messaggio per la XXIV GMG, 22 febbraio 2009).

Tutto questo evoca il mistero della conclusione della sua vita terrena. Stando anche noi, come gli apostoli, accanto al suo giaciglio da cui se ne parte per il cielo, cogliamo l’invito ad alimentare la bella virtù della speranza.

La speranza

Il cristiano è l’uomo della speranza. La Scrittura lo chiama ‘quello della via’ (Cfr At 18, 25.26). La via, la strada evoca il cammino. Il cammino richiama la speranza: la speranza di giungere alla méta. Abbiamo vissuto tre anni di pandemia, ci ha sorpreso, come un fulmine a ciel sereno, lo scoppio di una guerra alle nostre porte, ci ha invaso con altrettanta improvvisa irruenza la furia delle acque che, inondando le nostre case e facendo franare le nostre colline, ha seminato morte, paura e smarrimento.

C’è ancora speranza per noi? Quanto sono consolanti e vere le parole di Benedetto XVI scritte nell’enciclica sulla speranza; il Papa ci ricorda la parola dell’apostolo: “Voi non dovete «affliggervi come gli altri che non hanno speranza» (1 Ts 4,13). Anche qui compare come elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell'insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una «buona notizia» – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo «informativo», ma «performativo». Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova” (Benedetto XVI, Lett. Enc. Spe salvi, 2).

“La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata: Chi ha speranza vive diversamente”. Noi che diciamo di avere speranza, viviamo davvero diversamente da chi dice di non credere in nulla, da chi dice di non avere speranza? O siamo uguali? Non ci distinguiamo proprio?

 

Ave, stella maris

Chiudo questo richiamo alla speranza. Quando noi saliamo al Monte e scaliniamo, ci troviamo alla fine qui davanti alla sua immagine. Dopo aver contemplato il suo volto materno e dopo aver spostato lo sguardo sul suo Figlio, il nostro Salvatore Gesù Cristo, siamo indotti a concentrare tutta la nostra attenzione, con un po’ di curiosità, su quel manto bianco, trapuntato di lettere e, con un esercizio molto semplice, persino infantile, di composizione e di accostamento, quasi come in un gioco da parole crociate, scopriamo che esse, quelle lettere, sono le medesime che aprono il meraviglioso inno ecclesiale e fanno sgorgare dal nostro cuore, assetato e inquieto, la consolante invocazione: Ave, stella del mare.

 

Nel mare dei nostri turbamenti e delle nostre paure,

tu sei sicurezza:

ave, stella del mare!

Nelle tempeste che si addensano sul nostro cuore,

tu sei certezza:

ave, stella del mare!

Quando le onde sembrano sommergerci e affogarci,

tu sei àncora di salvezza:

ave, stella del mare!

Nei naufragi causati dal nostro egoismo e dalla nostra superbia,

tu sei approdo sicuro:

ave, stella del mare!

Dopo faticose pescate notturne con le reti vuote sulla spiaggia

tu sei consolazione:

ave, stella del mare!

Nella fatica del remare e del remare all’unisono,

tu sei riposo:

ave, stella del mare!

Quando il cielo è coperto e le stelle tacciono

tu sei sicuro orientamento:

ave, stella del mare!

 

Madre gloriosa di Dio,

Vergine sempre, Maria,

porta felice del cielo.

 

Donaci giorni di pace,

veglia sul nostro cammino,

fa’ che vediamo il tuo Figlio,

pieni di gioia nel cielo.

 

Amen.

 

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