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Franco Nembrini ieri sera a Sant'Agostino (Cesena): "Ciò che educa i nostri figli è l'aria che si respira"

"L’emergenza educativa riguarda i genitori e non i figli. Riguarda essenzialmente noi… l’emergenza educativa siamo noi", ha detto il pedagogista. Il video

Foto di Pier Giorgio Marini

«Il segreto dell’educazione è non avere il problema dell’educazione… Educare significa essere prima di tutto testimonianza luminosa di un certo sentimento di vita. Di felicità».

 

Tramite questo slogan e il suo commento a Le avventure di Pinocchio di Collodi (riedizione 2023, collana Le Vele, San Paolo), Franco Nembrini ha affrontato, ieri sera, 12 giugno, nella chiesa di Sant’Agostino a Cesena, il problema dell’emergenza educativa, intervenendo nell’incontro dal titolo ‘Ci vuole cuore. Adulti e adolescenti: un incontro possibile?’. L’evento è stato organizzato da una serie di associazioni di genitori, insegnanti ed educatori cesenati e dalla Diocesi di Cesena-Sarsina (cfr pezzo a fianco) e ha visto la partecipazione di oltre 500 persone.

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[Foto di Pier Giorgio Marini]

Durante l’incontro, l’insegnate, saggista e pedagogista – celebre per il ciclo di lezioni su Dante ‘Nel mezzo del cammin’ trasmesso su Tv2000 e per la pubblicazione per Mondadori di un commento della Divina Commedia in tre volumi, illustrati da Gabriele Dell’Otto e con prefazione di Alessandro D’Avenia – ha voluto identificare con precisione il problema educativo, tentando di chiarire «di che cosa parliamo quando parliamo di educazione», che cosa sia il fenomeno educativo e in che cosa consista l’emergenza educativa che sta colpendo soprattutto gli adolescenti, vittime e superstiti della pandemia.

 

La fotografia scattata da Nembrini non fa la predica ai ragazzi che, in difficoltà, si perdono in una serie di deviazioni e patologie, disinnamorandosi dello studio e della vita. Tutt’altro. Queste deviazioni, spiega l’autore, sono «aspetti secondi, sebbene non secondari» di un problema che invece riguarda gli educatori; gli adulti. «L’emergenza educativa riguarda i genitori e non i figli. Riguarda essenzialmente noi… l’emergenza educativa siamo noi.»

 

Sono i genitori e gli educatori più in generale che hanno perso il giusto «sentimento della vita» e che non riescono più a essere testimoni della gioia e della serenità del vivere. Non riescono, in altre parole, a dare l’esempio nelle azioni di tutti i giorni, credendo invece che l’educazione possa derivare unicamente da una serie di regole e principi assoluti imposti in senso autoritario. È l’esempio dato tramite il giusto atteggiamento verso la vita che dovrebbe invece condurre naturalmente i ragazzi – «perché loro guardano sempre e imparano» – a «invidiare la testimonianza luminosa» dei propri genitori ed educatori e a seguirli, formandosi pienamente come individui.

 

Così, quando l’educazione più che mostrata nelle proprie azioni è imposta sulle azioni dei figli, essa diventa un atto di violenza e repressione. E l’amore che dovrebbe guidare ed esprimere l’educatore inizia a corrompersi nella forma di «un ricatto fondato su un condizionale: ‘ti voglio bene se… se prendi bei voti a scuola; se ti comporti bene; se sei all’altezza delle mie aspettative nei tuoi confronti’». È solo «occupandosi della propria santità, del cuore dell’educatore e non dell’educato» e «amandoli nelle stesso modo nel quale li abbiamo messi al mondo, ossia in modo gratuito, che i ragazzi possono preservare la loro libertà sviluppando riconoscenza e gratitudine e sentendo nel contempo nel proprio cuore la necessità del rapporto sano con i genitori».

 

Secondo Nembrini, l’educazione deve derivare maggiormente dalla condizione di vita dell’educatore stesso e dal contesto da essa sviluppato più che da specifici mezzi pedagogici. «Ciò che educa i figli è l’aria che si respira. E l’aria la fanno gli adulti, come gli alberi. Non possiamo chiedere ai nostri figli di respirare, di crescere, se noi non produciamo l’ossigeno necessario a farlo. Essere adulti significa essere alberi: reggere il peso del male del mondo e restituire certezza di bene. Dobbiamo essere la foresta dove i figli possano respirare bene.»

 

È necessario «ripartire dal nostro cuore, dalla nostra – di noi educatori – sete di stare bene, smettendo di lamentarci e mettendoci veramente in gioco.» «Per essere buoni educatori», conclude Franco Nembrini, «bisogna essere più come il Geppetto della celebre storia di Collodi che maestro Ciliegia.  Il secondo non ha che l’immaginazione di vedere nel ceppo di legno ciò che lui vuole vederci, ossia una gamba di legno: una forma da intagliare a forza, indipendentemente dalla strana voce che proviene da esso. Geppetto, invece, ha la capacità di scorgerci un mistero da servire. Sempre. E anche quando Pinocchio sbaglia continua a riconoscerne il mistero e ad amarlo lo stesso.»

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Di seguito, il link al video:

Di seguito, la fotogallery a cura di Pier Giorgio Marini:

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