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Il vescovo nell'omelia per la Madonna del Popolo: "Con Gesù la gioia ritorna, la vita continua...E Maria ci stia accanto perchè passiamo da questa prova alla gioia della risurrezione"

"Anche in questo tempo di Coronavirus, che è un tempo di passione, di sofferenza per tanti, per il mondo intero, un tempo in cui è venuto meno il vino della gioia sulle tavole degli uomini, amiamo pensare che Ella ci sia. Ci stia accanto. Non ci abbandoni. Del resto è madre!  E non può non esserci", ha aggiunto il presule

Un frame della Messa di questa mattina. Foto Pier Giorgio Marini

Sta andando in onda in questo momento, in diretta sulla pagina Facebook del nostro giornale, la Messa per la festa della Madonna del Popolo, patrona della Diocesi.

In Cattedrale presiede l'Eucaristia, celebrata senza partecipazione di fedeli come previsto dalle norme di contenimento del Coronavirus, il vescovo Douglas Regattieri.

Al servizio all'altare, tra gli altri, don Marco Muratori e don Simone Farina. Concelebra il parroco della Cattedrale, il canonico don Giordano Amati. Con lui anche monsignor Piero Altieri, già direttore di questo giornale. All'altare anche i diaconi Luciano Veneri e Valder Gimelli. I canti sono stati animati da don Luca Baiardi e Licia Amaduzzi. 

Di seguito pubblichiamo il testo dell'omelia che il vescovo ha da poco pronunciato.

Ecco le sue parole.

1. Dall’acqua al vino buono

Questo, di Cana, è il primo segno che Gesù pone. Siamo all’inizio del vangelo di Giovanni. Seguiranno altri sei segni. Ultimo sarà il segno della sua risurrezione dai morti. Ma, concludendo il suo vangelo, Giovanni afferma che molti altri segni sono stati fatti. “Questi sono stati scritti perché crediate e, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 2, 10). L’acqua mutata in vino buono, dunque, è il segno di un dono, il dono della vita offerto da Gesù. L’acqua fino ad allora, contenuta nelle sei anfore, era un richiamo al peccato, perciò serviva per la purificazione (Cfr Gv 2, 6). Il vino che scorre di nuovo, ma ora abbondante e buono, sulla tavola, è il segno della gioia, della vita, della festa. “Perché abbiate la vita nel suo nome”. Ecco l’indicazione. La vita bella si ha solo nel nome di Gesù. Perché solo nel suo nome c’è la salvezza: “In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati" (At 4, 12), aveva proclamato, con coraggio e con franchezza, Pietro davanti al sinedrio dopo la guarigione dello storpio alla Porta Bella. Gesù è venuto per questo: donare la vita agli uomini, morti per il peccato: “io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).  E il vino buono che è ora sulla tavola del banchetto nuziale ne è il segno, il simbolo, il richiamo. Possiamo immaginare il sospiro di sollievo dei due sposi per essere stati tirati fuori da una brutta e sgradevole situazione. La gioia ritorna, la festa continua… 

2. Dal vino buono al sangue che salva

Andiamo ora a un altro banchetto. A Gerusalemme, nel cuore della nazione. È sera. La cena è stata preparata con cura (Cfr Mc 14, 12-16); è un pasto speciale quello che si sta consumando. È un rito religioso. Si vuole ricordare il passaggio (pasqua) dell’angelo distruttore che salvò i figli primogeniti degli ebrei col sangue dell’agnello; si vuole ricordare anche l’evento della liberazione con il passaggio (pasqua) dalla schiavitù dall’Egitto. Sulla tavola l’agnello, il pane azzimo, le erbe amare, il vino nella coppe. Ma quel vino sulla bocca del Maestro assume un altro significato: amaro e gioioso ad un tempo. "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati” (Mt 26, 27-28). Quel vino rimanda al sangue non più di agnelli, ma di Cristo in croce ed esprime il dono di sé per la vita del mondo. Amarezza dunque perché preannuncia lo spezzarsi della vita di Gesù in croce. Gioia perché da questo sacrificio viene la salvezza dell’umanità. 

3. Il mistero pasquale

Con il passaggio dal banchetto nuziale di Cana a quello pasquale del cenacolo ci siamo così  introdotti nel mistero pasquale. C’è continuità tra i due banchetti. Cana rimanda alla pasqua perché lì troviamo alcuni elementi importanti che si riferiscono alla pasqua: Il terzo giorno… la parola di Gesù a Maria: non è ancora giunta la mia ora (v. 4). Sappiamo che l’ “ora” sarà la croce.

Maria è presente a questo mistero; come a Cana così sotto la croce. È dentro a questo mistero, non è solo spettatrice. Ha un ruolo ben preciso. A Cana si fa portavoce del disagio degli sposi. Sotto la croce riceve il “figlio” e sarà al suo fianco da quel momento in poi. Ella c’è sempre.

Anche in questo tempo di Coronavirus, che è un tempo di passione, di sofferenza per tanti, per il mondo intero, un tempo in cui è venuto meno il vino della gioia sulle tavole degli uomini, amiamo pensare che Ella ci sia. Ci stia accanto. Non ci abbandoni. Del resto è madre!  E non può non esserci. E noi gustiamo il dono prezioso della sua presenza. La storia ecclesiale ce lo conferma. Maria, Madonna del nostro popolo, stacci accanto, soprattutto in questa ora buia della storia, perché passiamo dalla passione di questa prova alla gioia della pasqua di risurrezione.

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Aggiornamento delle 12,05 

Al termine della Messa il vescovo ha letto una delle due preghiere che il Papa ha proposto per il prossimo mese di maggio dedicato a Maria. I testi si possono leggere nel pezzo qui a fianco. 

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