Cesena città capoluogo o Romagna città metropolitana?

Pubblichiamo di seguito una lettera di Romano Fabbri del Partito Repubblicano in merito al dibattito d'attualità su Cesena città capoluogo e Romagna città metropolitana.

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Caro direttore, 

da qualche tempo la discussione sugli enti locali è estremamente accesa. Cesena città capoluogo è un atto dovuto che andava fatto sin dalla costituzione della provincia Forlì-Cesena, il resto è propaganda spicciola.

Le vere criticità sono  nelle Province e nei Comuni. Per quanto riguarda le prime il colpo di grazia alla funzionalità della Provincia e alla riforma è arrivato il 4 dicembre 2016, con il referendum che travolse il governo Renzi. La «Delrio» era stata pensata come ponte verso l’uscita delle Province dal testo della Costituzione. Ma i «no» vinsero, e la Repubblica (articolo 14 della Costituzione) continua a essere «costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato». Nel frattempo tagli e mobilità ne hanno alleggerito i bilanci e desertificato gli organici, ma le competenze sono rimaste sempre le stesse con i conti pubblici sempre febbricitanti.  Il pacchetto delle loro competenze è sempre stato troppo indefinito per farle apprezzare dai repubblicani. Le Province gestiscono migliaia di chilometri di strade, ma sono strade spesso “minori”, che fanno notizia solo quando diventano inservibili a causa della manutenzione azzerata dai tagli. Si occupano degli edifici scolastici, ma solo negli istituti superiori perché la  legislazione italiana ha affidato invece elementari e medie ai Comuni. Le opzioni in campo vanno dalla totale abolizione, alla riduzione, alla trasformazione in enti di natura diversa, al ritorno al passato.

Per quanto riguarda i Comuni, nessuno mette in dubbio il loro ruolo, ma piuttosto il loro numero: molti hanno una popolazione di poche migliaia di persone (o addirittura centinaia), altri sono così piccoli e vicini tra loro da essere indistinguibili. La riduzione del numero di Comuni tramite accorpamento porterebbe un certo risparmio perché calerebbe il numero dei sindaci, degli assessori e dei consiglieri comunali e comporterebbe anche un miglioramento della qualità dell’amministrazione e dei servizi pubblici.

In Romagna il contesto politico istituzionale che meglio favorisce una prospettiva di crescita e sviluppo è un rapporto sinergico dei territori e il livello istituzionale appropriato è la Città metropolitana di Romagna che dialoga con Bologna e la Regione dove si portano a sintesi e si realizzano i progetti infrastrutturali e di area vasta. Lotto Zero, Porto, interporto, aeroporto, sistema fieristico, università, scalo merci, sanità, distretto culturale romagnolo, polo tecnologico, informatizzazione integrata di tutte le amministrazioni pubbliche, E55, via Emilia-bis, SS67, via Cervese, la via del mare e il collegamento costa-entroterra sono questioni di vitale importanza non risolvibili dal singolo comune o da queste province rimaste a metà del guado.

Con il decollo della città metropolitana della Romagna si creerebbe  una situazione di sostanziale equilibrio con la città metropolitana di Bologna che può esaltare il ruolo di programmazione della Regione Emilia-Romagna nella creazione di una vera e integrata piattaforma logistica di collegamento nord-sud. Occorre affrontare fino in fondo il vero problema che è quello di creare un'istituzione che sia in grado di competere e collaborare con Bologna e l’Emilia non elemosinare qualche concessione.

Questa istituzione per i repubblicani non deve essere la riesumazione della provincia o il provincione ma la città metropolitana. Ovvero un ente della Romagna con poteri notevolmente più ampi della provincia e molto vicini a quelli comunali come dimostrato dalle attuali 14 città metropolitane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.

Romano Fabbri