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In ricordo di Sergio Mazzi, uomo che non ha mai detto "io", ma sempre "noi"

Lo scritto di Luciano Mattarelli, per tanti anni braccio destro del direttore della Coldiretti provinciale

In ricordo di Sergio Mazzi, uomo che non ha mai detto "io", ma sempre "noi"

Nei giorni scorsi è morto Sergio Mazzi, personaggio di spicco nel settore economico e agricolo di Forlì-Cesena. Aveva 80 anni appena compiuti. È stato direttore della Federazione Provinciale dei Coltivatori Diretti dal 1969 al 1999, e presidente della Camera di Commercio, dal 1992 al 2008. Di seguito, riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Luciano Mattarelli, che ha lavorato al suo fianco per tanti anni. 

Ho conosciuto il dottor Mazzi nel lontano febbraio del 1975. “Sponsorizzato” dall’onorevole Gino Mattarelli, mi presentai da lui per chiedere un lavoro dopo il diploma di Perito agrario e una breve esperienza lavorativa presso la cantina sociale di Forlì.

Forlì per me era una città sconosciuta in quanto a scuola ero andato a Cesena e, per paura di perdermi, la sera prima dell’appuntamento mi feci accompagnare dal mio amico Mauro Zanetti sul posto. In ogni caso il giorno dell’incontro parcheggiai la macchina in piazzale della Vittoria e andai in via Biondini, centro di Forlì, a piedi. Ricordo che era un freddo bestiale, arrivai con quasi un’ora di anticipo e indossavo il “vestito della festa” lo stesso che avevo il giorno dell’esame di stato; unica differenza che era adatto per il mese di luglio.

Ricordo quel giorno come fosse oggi, lui era seduto dietro ad una scrivania vecchio stile, (sicuramente era della mutua Coltivatori Diretti) in fondo ad una stanza arredata con un vecchio divano di colore verde e una sedia davanti, avvolto da una nuvola di fumo; era un grande fumatore: ricordo ancora la marca delle sigarette erano le Merit.

Mi fece sedere in questa sedia, tipica scena fantozziana, e mi annunciò che era stata introdotta una nuova imposta, una certa Iva, che obbligava anche le aziende agricole alla tenuta della contabilità.

Mi propose di provare a impostare questo nuovo servizio da fornire ai coltivatori con la promessa che poi si poteva anche pensare ad una assunzione.

Ho iniziato quindi questa avventura in una piccola stanza assieme alla centralinista Marina Sintoni ea Giorgio Romagnoli che però stava svolgendo il servizio militare presso le casermette di Forlì dove tutte le sere mi fermavo per riferire sull’andamento di questo nuovo servizio.

Da buon ligure, per i primi sei mesi lascio a voi immaginare quale fosse stato lo stipendio, per passare poi a 30 mila lire al mese per circa un anno.

Da qui è partita la mia storia, la mia vita professionale, la mia vita sociale, le mie relazioni pubbliche, ecc.. e tutto per merito suo, con il quale ho condiviso un percorso all’interno della Coldiretti difficile da illustrare perché solo chi lo ha vissuto come me, può apprezzarlo per quello che è stato.

Ha condiviso le mie iniziative, mi ha onorato della vicedirezione della Coldiretti, mi ha presentato personalmente ai Lions e mi ha assistito nei momenti difficili soprattutto nella Direzione di Agrinformaticenter la società Nazionale di software della Coldiretti.

Vorrei ricordare con piacere anche il memorabile doppio di tennis della domenica mattina al Circolo di Carpena durato per oltre 20 anni che ci vedeva contrapposti a Domenico Scarpellini e Alberto Ghini e anche in queste occasioni era sempre il mio direttore; quando perdevamo (raramente) ero io a prendermi la colpa.

Potrei dilungarmi ancora, ma vorrei terminare questo doloroso addio al mio direttore, all’uomo che più di chiunque altro ha saputo valorizzare la mia persona per dire che con lui scompare uno degli uomini migliori della nostra storia recente.

Un uomo che non ha mai detto “io” ma sempre “noi” e questo era uno stimolo unico per chi ha lavorato a gomito con lui.

Uomo semplice, saggio e intelligente, mai arrogante, da buon democristiano grande negoziatore. Con lui se ne va un pezzo di storia di Forlì e della Coldiretti, che ha servito per molti anni con competenza e rispetto.

Ho voluto mettere come immagine, a questo mio ricordo, la copia della lettera che mi scrisse, di suo pugno, nel lontano 1999, quando decise di abbandonare definitivamente la direzione della Coldiretti.

Ho incorniciato questo documento che ho appeso accanto alla mia scrivania perché penso sia un riconoscimento unico, di cui vado fiero e dispiaciuto solo del fatto di non essere mai riuscito a esaudire un suo desiderio, e cioè quello di rivolgermi a lui con il “TU” anziché con il “LEI”, ma era tanta la stima e la riconoscenza che non mi permetteva di potermi mettere sul suo stesso piano.

Un abbraccio a tutta la famiglia con la consapevolezza che tutti abbiamo perso un grande uomo e un importante punto di riferimento.

Luciano Mattarelli

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