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Lettera aperta a san Giuseppe

"Non mi resta che affidarti anche l'intera umanità, e questa Chiesa che ti ha scelto come celeste patrono, ma che ancora non sa imitare le tue virtù: castità, giustizia, fedeltà, povertà, prudenza e soprattutto obbedienza"

Noto, cattedrale di San Nicolò, statua San Giuseppe (foto SIR/Marco Calvarese)

È tanto tempo che avevo in mente di scriverti, o carissimo Giuseppe, nostro padre. Sì, ti chiamo così: padre, perché ti sento così, un padre. Per chi come me, la sorte ha dato un papà che lo è stato solo per l’ufficio anagrafe… come sai benissimo: genitori e figli non si scelgono. Credo che tu sia uno di quei santi così importanti che mi chiedo ancora oggi perché mai per secoli non sei stato preso in seria considerazione. Canuto, in età senile, anziano, e poi come se non bastasse sempre da parte, in secondo luogo… come un soprammobile e se qualche pittore ti voleva “mettere” in una natività o in un quadro della Sacra Famiglia il tuo posto era sempre a "tre quarti" e mai centrale alla pari della tua santissima sposa, la Vergine Maria.

Bisogna assolutamente collocarti in un piano più elevato perché, com’è vero che la Vergine Maria ha generato nel suo ventre il Figlio di Dio senza la tua partecipazione maschile, questo non vuol dire che tu non abbia fatto la tua parte, e che parte. Tu l’hai accolta lo stesso quando lei già in cinta (per opera dello Spirito Santo) rischiò la lapidazione per una probabile accusa di rapporto carnale in “more uxorio”. Ma tu l'hai sempre amata, e l’ami tutt’ora anche se la sua figura, cioè essere la Mater Domini ha preso tutto lo spazio disponibile. Allora non ti resta che "piazzare te" nelle retrovie o dietro le quinte, ma non ti preoccupare perché chi sta dietro e non si vede di solito è colui che poi che spinge, protegge, consiglia, tira, sostiene. Pensa alle tante “eminenze grigie” che sono state di supporto ai principali personaggi storici… Tu lo hai fatto per amore e non per tornaconto.

A Nazaret tutti conoscevano Giuseppe il falegname (o il carpentiere), anche conosciuto come una persona perbene, un giusto; uno che conosceva la legge divina e quella civile. Caro Giuseppe, qui però bisogna tirarsi su le maniche e darsi da fare. Sta andando tutto a rotoli. Si è perso il senso di ogni cosa buona: la famiglia, il lavoro, la pace, la Natura. Tutto è stato violato, violentato e snaturato nel nome di una libertà che è riuscita una volta per tutte a togliersi le catene. Perché se la libertà mal gestita rischiamo di farci trascinare lontano da Lui, facendoci rischiare la dannazione eterna, allora... corriamo ai ripari insegnando ai nostri ragazzi che cos'è la libertà e come la sì deve vivere e gestire. Popoli e popoli han fatto rivoluzioni e guerre per ottenerla e poi c'è chi non è capace di viverci.

Per fortuna che io ho trovato te, un grande santo, non quello delle copertine patinate dei settimanali di oggi, piatti e senza prospettiva, no tu sei un vero padre, sempre disponibile, accogliente, silenzioso e a volte tanto da disturbare con la tua discrezione. Quante volte mi addormento abbarbicato a te, sul tuo petto e continuo a parlarti della mia giornata trascorsa, delle belle cose e di quelle brutte. E chiudo gli occhi chiedendo a te di coprire la mia casa con il tuo santo manto e so così posso dormire tranquillo e sereno, come recita il salmo 131: "...come un bimbo in braccio a sua madre, così è l’anima...", e mi sento protetto perché tu ci sei, tu vegli su di me e sulle persone a me care. Non mi resta che affidarti anche l'intera umanità, e questa Chiesa che ti ha scelto come celeste patrono, ma che ancora non sa imitare le tue virtù: castità, giustizia, fedeltà, povertà, prudenza e soprattutto obbedienza. Grazie di tutto paparino... 

Massimo Pieri – Pepe

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