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Sarsina. Campo di lavoro alla fattoria didattica "Il Pagliaio"

I genitori e la sorellina di Chiara e Martina hanno accompagnato le figlie fino al Campo ed erano decisi a tornare subito a casa. Invece...

Sarsina. Campo di lavoro alla fattoria didattica "Il Pagliaio"

Abbiamo ricevuto questa lunga testimonianza scritta da Antonio Pacchierini. Narra di un campo di lavoro iniziato il 6 agosto in collina, tra Sarsina e Ranchio, presso la fattoria didattica "Il pagliaio". Un'esperienza che vale la pena condividere. 

Caro direttore,

è una lunga relazione sull’inizio del Campo, con una descrizione dell’ambiente in cui opereranno i nostri baldi giovani. Non so se avrò il tempo di ripetere questa sfacchinata nei prossimi giorni. Rassicuro tutti i lettori che, di sicuro, sarò meno prolisso. Per chi non ama leggere o non sopporta lunghe pagine, è in corso di preparazione una versione Bignami.

Il 6 agosto abbiamo dato il via al nostro Campo di Lavoro presso la Fattoria Didattica ‘ Il Pagliaio’, situata pochi chilometri sopra Sarsina, colpita da numerose frane. Abbiamo iniziato con la sistemazione dei ragazzi nelle casette di legno ‘spartane’ che i gestori usano per ospitare i pellegrini che percorrono la Via Francigena; praticamente uno spazio vuoto di pochi metri quadrati. A seguire cena, in una grande tavolata all’aperto con un panorama collinare mozzafiato e il mare sullo sfondo. Quando l’aria è completamente tersa si riesce a intravedere la terra di Croazia.

I genitori e la sorellina di Chiara e Martina hanno accompagnato le figlie fino al Campo ed erano decisi a tornare subito a casa. Sono poi stati gli ultimi alzarsi da tavola. Antipasto di schiacciata rustica impastata con farine di grano antico da abbinare a fettine di formaggio e a squisitissimo lardo di Colonnata fatto da loro. Subito dopo pizza, cotta nel forno a legna. Dopo varie ripetizioni di piatti con pizza i quali esponevano tutta la loro nudità in pochi secondi, l'abbuffata è terminata con una lotta cruenta di sguardi quando si giunti all'ultimo pezzo. Io, professionista, ho battuto tutti.

Partecipano al Campo sette ragazzi e ragazze dai 18 ai 23 anni (un ottavo ci raggiungerà martedì), molto in gamba e molto gasati. In un clima di famiglia Raffaele Russo, presidente della nostra aps Focolari Romagna, ha illustrato il fine di questo progetto che è quello di condividere le difficoltà del nostro prossimo sia materialmente, con i muscoli (come diceva Chiara), che quello di far sentire, a chi sta vivendo una situazione difficile, la nostra solidarietà, condivisione e fratellanza. Eleonora, moglie di Giovanni e madre di Gianmaria, gestori della Fattoria Didattica, ha raccontato come si siano trovati in estrema difficoltà. Da diversi anni (la loro impresa è sorta circa dieci anni fa), sono sotto assedio per eventi avversi quali: due anni di siccità, grandinate che hanno rovinato molti alberi da frutto, inverno di neve abbondante che ha fatto 40.000 euro di danni alle culture, Covid spalmato in tre anni, e adesso le frane. Il loro operaio, un signore con disturbi psichici che stando con loro aveva trovato una famiglia e un equilibrio e si era inaspettatamente rivelato essere un gran lavoratore, il giorno dopo l'alluvione ha fatto i bagagli e se ne è andato senza dire niente. Non hanno sue notizie dal 18 maggio quando, dopo aver fatto un giro nella loro terra per valutare i danni delle frane, è tornato nel suo appartamento sconvolto.

La strada asfaltata che porta alla Fattoria è agibile, con qualche tratto dissestato in cui bisogna fare attenzione alle buche, ma essendo stata riaperta in modo ‘emergenziale’, è percorribile solo da residenti e autorizzati (noi abbiamo il permesso in quanto autorizzati da Giovanni) e i pullman e pulmini che portavano da loro le scolaresche in visita alla Fattoria non possono transitarvi. Era una notevole fonte di reddito e di soddisfazione. Non hanno potuto raccogliere i quintali di ciliegie presenti sugli alberi perché la strada per il frutteto era, ed è, interessata da una frana e stanno portando a valle i 1.200 quintali di legna da ardere, tagliata in primavera, attraverso vie traverse e in piccole quantità alla volta. Ciò fa aumentare di molto il costo del trasporto e, di conseguenza, fa diminuire il guadagno finale.

Eleonora si è commossa raccontando di quanto la nostra presenza le stia dando carica ed energie. Proprio lei che voleva mollare tutto e venir così meno al loro motto: ‘portatori sani di entusiasmo’. Nella piccola piazzetta dove sorge la loro casa, edificata artigianalmente pietra su pietra, trave su trave, c’è una grande yurta originale che hanno fatto venire dal Tibet. È foderata con peli di cammello ed è calda d’inverno e fresca d’estate. Lì dentro tengono lezioni di ecologia ai gruppi di bambini che tutto l’anno vengono (venivano!) a conoscere la loro esperienza. Noi useremo la yurta per gli incontri di un’ora, alle 12 e alle 17, tenuti prima del pranzo e prima di riprendere il lavoro pomeridiano. Con il sole alto nel cielo è bene non lavorare all’aperto perché pericoloso per la salute. In ognuno di questi momenti i ‘relatori’ saliranno alla Fattoria per dialogare con i ragazzi presentando vari temi: volontariato, impegno politico, vita di famiglia, disabilità acquisita per un incidente o una malattia progressiva, ritrovarsi con la pelle scura in una nazione di pelli chiare, passione per la musica e per lo spettacolo, una vita al servizio di Dio, Islam e cristianesimo, perché, come appartenente alla Papa Giovanni XXII ho deciso di aprire un Centro diurno per disabili, ecc.

Nella fattoria sono presenti molti animali che fanno parte della famiglia e come tali ricevono cure e ascolto. Ci sono degli asini filosofi che ubbidiscono a Giovanni che li chiama per nome e parla con loro usando le mani; maialini con pelliccia (razza che in Italia si trova solo in un allevamento a Viterbo col quale sono collegati) che vagano indisturbati in una vasta area recintata ricca di pozzanghere sempre occupate; un gallo, Salvo, unico sopravvissuto di una covata andata male, che ti accoglie becchettando indisturbato davanti alla yurta e sta volentieri in braccio a Giovanni; due maialini, stavolta senza pelliccia, di cui non ricordo il nome di ‘battesimo’, che si avvicinano a chiunque annusandolo e tentando di scalare le sue gambe; una orgogliosa e disubbidiente alpaca; Bella, un pacifico cagnone che non fa sentire la sua voce e… qualche altro membro della famiglia con cui mi scuso della mia limitata memoria.

Giovanni è un filosofo della natura e spiega volentieri quali sono i suoi segreti e come, se entriamo in sintonia col creato, si può cogliere la bellezza di ciò che ci circonda e trovare il nostro posto in questa armonia di esseri viventi. I ragazzi iniziano questa mattina il lavoro nei campi e sono entusiasti dell’ambiente in cui dovranno darsi da fare agli ordini di Gianmaria, che la loro stessa età.

Un ultimo racconto. Giovanni si è casualmente imbattuto, sulla cima di una collina poco distante, in delle grandi buche, opera evidente di lavori eseguiti tanti anni fa. Si è incuriosito ed ha così scoperto che proprio lì passava la famosa Linea Gotica e quegli scavi erano stati realizzati dall’esercito tedesco per posizionare una batteria di grandi e potenti armi di difesa. Ai piedi della collina si era consumato un cruento scontro fra i tedeschi, ben riparati nelle buche con le loro mitragliatrici e cannoni, e le truppe d’assalto degli Alleati, composte in quell’occasione da soldati sikh ventenni reclutati in India e portati a combattere una guerra della quale ignoravano la genesi, così come ignoravano quale fosse la nazione dove si trovavano e per la cui liberazione stavano dando la vita. Questo perché drogati prima della battaglia da solerti medici inglesi che, poi, si portavano rapidamente nelle retrovie a osservare col binocolo gli effetti della loro pozione, pronti a somministrarla ad altri recalcitranti soldati provenienti dalle loro colonie. In quella occasione gli Alleati avevano riportato un pieno successo, lasciando sul campo circa 200 soldati sikh, nei quali l’effetto della droga ingerita non riusciva più a fare…effetto. I loro corpi erano stati bruciati sul posto, come vuole la loro tradizione, dimostratasi molto vantaggiosa per chi aveva partecipato alla pugna dalle succitate retrovie. Scoperto questo Giovanni ha contattato la comunità sikh presente in Italia ed è stato contattato, con apposito traduttore, da un monaco buddista residente in Asia che era venuto a sapere di questo lontano e marginale evento di guerra da un insegnante di yoga di Cesena. Il monaco gli chiedeva il permesso di venire alla sua fattoria per fare una cerimonia di purificazione di quel luogo in cui si era compito tale olocausto. La coinvolgente cerimonia si è poi realizzata con la presenza, oltre al monaco, di rappresentanti della religione sikh, cristiana e islamica. Da allora tale cerimonia viene ripetuta ogni anno. Quest’anno avrà luogo il 24 settembre.

Antonio Pacchierini - Cesena

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