Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 16 settembre - 24esima domenica Tempo Ordinario - Anno B

La domanda: “E tu chi dici che io sia?”

Is 50,5-9; Sal 114; Gc 2,14-18; Mc 8,27-35

Il testo del Vangelo di questa 24ª domenica del tempo ordinario possiamo dividerlo in tre parti: Mc 8,27-30: la scoperta della realtà Gesù domanda. Mc 8,31-33: chiarimento della situazione: primo annuncio della passione e morte di Gesù ai discepoli. Mc 8,34-37: condizioni della sequela.

Gesù chiede ai discepoli: “La gente chi dice che io sia?”. E loro rispondono riportando le differenti opinioni della gente. Dopo averli ascoltati, Gesù chiede loro: “Ma voi chi dite che io sia?”. Pietro, in base all’esperienza vissuta insieme a Lui fino a quel momento, dice: “Tu sei il Messia”.

Gesù sa che Pietro ha risposto bene, ma gli proibisce di parlare di questo con la gente. Perché? Perché tutti aspettavano la venuta del Messia, ma ciascuno a modo suo, a seconda delle aspettative della propria classe sociale. Nessuno sembrava aspettare il Messia-servo annunciato da Isaia (Is 42,1-9). Gesù allora comincia a dire loro che è Lui il Messia-servo di cui parla Isaia, che sarà catturato e messo a morte nell’esercizio della sua missione di giustizia. Pietro allora si impaurisce e chiama da parte Gesù per rimproverarlo, ma Gesù gli dice: “Lungi da me, satana, perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Pietro non capisce.

La risposta di Gesù è molto dura. “Satana” è una parola ebrea che significa accusatore, colui che allontana gli altri dal cammino di Dio. Gesù non permette a nessuno di allontanarlo dal cammino del Padre, dalla sua missione e dice a Pietro: “Va’ dietro a me!”. Pietro è chiamato a camminare dietro a Gesù, ad accettare quella direzione che lui gli indica.

Poi alla folla e ai discepoli dice: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. In quel tempo la croce significava la pena di morte che i romani imponevano agli emarginati. Prendere la croce e camminare dietro a Gesù significava accettare di essere emarginato da un sistema che legittimava l’ingiustizia. La croce non è fatalismo né un’esigenza del Padre. La croce è la conseguenza dell’impegno liberamente assunto da Gesù di rivelare la buona notizia.

Il cammino della sequela è il cammino della dedizione, dell’abbandono, del servizio, della disponibilità, dell’accettazione del dolore, nell’attesa sicura della resurrezione. “E tu chi dici che io sono?”.

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