Editoriale
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Siamo tutti frenetici

In vista della tornata elettorale del 26 maggio il dibattito, specie quello online, si sta svolgendo un po’ troppo sopra le righe. Non ci riferiamo solo ai candidati in lizza, ma anche e in particolare ai sostenitori vecchi e nuovi che si sentono impegnati come non mai nella caccia all’ultima preferenza.

Siamo tutti frenetici

Abbassiamo i toni. Per favore, aggiungerei. In vista della tornata elettorale del 26 maggio, mi pare che il dibattito, in specie quello online, si stia svolgendo un po’ troppo sopra le righe. E non mi riferisco solo ai candidati in lizza, ma anche e in particolare ai sostenitori (più che altro digitali) vecchi e nuovi che si sentono impegnati come non mai nella caccia all’ultima preferenza.

Su Facebook i commenti si sprecano, e gli errori e gli svarioni pure. Prima di accingersi a scrivere, sarebbe bene usare un minimo di prudenza, quell’antica virtù troppo dimenticata. E prima di sparare a zero sugli avversari, quando non sono considerati veri e propri nemici, sarebbe altrettanto utile informarsi, documentarsi, leggere, approfondire, verificare. Invece nulla, o quasi, di tutto questo accade.

Si ha in mano una Ferrari e la si conduce come fosse un triciclo. Non è così. Vale la pena ricordarlo. L’opinione pubblica si forma in maniera onesta con un ragionamento pacato sereno tranquillo. Utopia? Forse. In questi tempi superdigitalizzati e iperveloci quello che auspico è realizzabile?

Siamo tutti più frenetici, più nervosi, più impazienti. Lo smartphone a portata di mano in ogni istante ci ha resi ipersensibili. La nostra capacità di ascolto si è ridotta. Anche quella di conversazione è diminuita. Una serata in compagnia, con i cellulari lasciati in disparte, diventa un evento da sottolineare e da gustare come un tempo si faceva festa per un amico che si ritrovava dopo molto tempo.

Il populismo, di quello della peggiore categoria, si alimenta di slogan, di volgarità e di insulti, come capita spesso in strada e nella difesa della proprietà privata, e di nessun ragionamento. Poche settimane fa, l’economista Leonardo Becchetti, presente a Cesena per una lezione al Corso di formazione socio-politica, ha detto a chiare lettere che l’Europa e l’Italia, in questo momento, sono divise in due. Da una parte i due terzi della popolazione. Dall’altro un terzo. I primi, la maggioranza quindi, non sono disposti a riflettere. Rispondono con la pancia, non desiderano dialogare. Il terzo rimanente cerca il confronto, legge, si informa, ma al momento non riesce a fare breccia.

Che fare in un contesto così intricato? Per parte nostra vorremmo tenere bassi i toni, non alimentare gli scontri, favorire l’incontro personale. Desideriamo dare voce a tutti, in particolare a chi ne ha meno. “Alla dittatura della velocità, del frammento e della fretta”, scriveva qualche giorno fa l’ex direttore Paolo Bustaffa in un editoriale per l’agenzia Sir, vorremmo rispondere con la responsabilità e lo stile che cerchiamo di mettere in campo ogni giorno. Il giudizio, in ogni caso, rimane ai lettori.

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