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È tempo di imparare ad ascoltare e, per alcuni, a leggere e scrivere

È sempre successo che gli adulti parlassero un’altra lingua rispetto ai più giovani, non c’è da meravigliarsi.  Quello però che la stessa scuola si sta chiedendo riguarda il senso delle tradizionali prove scritte come strumento per insegnare a scrivere

“Ascoltate!”. È il titolo, essenziale e imperativo, scelto da papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2022. Dopo essersi concentrato sull’importanza della vista, invitando a una nuova educazione dello sguardo, il pontefice passa a celebrare un altro senso, quello dell’udito, e chiede di reimparare ad ascoltare.

L’azione di cui parla il Papa non coinvolge solo l’orecchio, ma anche la mente e il cuore. È carica di risonanze bibliche, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Dall’ascolto di Abramo nel libro della Genesi alle pagine dell’ultimo scritto, l’Apocalisse: “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”. Nel vangelo di Luca, Gesù stesso ammonisce i suoi discepoli: “Fate attenzione a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”.

E poi c’è il cammino sinodale che la Chiesa sta iniziando, un itinerario che – a detta dello stesso Francesco in un recente incontro con i fedeli della diocesi di Roma – “è stato pensato come dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa”. Seguono quattro righe in cui il verbo ascoltare è ripetuto dieci volte e che si concludono così: “Avere orecchi, ascoltare, è il primo impegno”.

L’esortazione del Papa si colloca anche nel contesto della pandemia, in cui – ricorda il bollettino vaticano – tutti hanno bisogno di essere ascoltati e confortati. Ascoltare è un gesto di attenzione e di carità; ogni relazione e ogni dialogo comincia da qui.

Se siamo invitati a riscoprire l’ascolto come essenziale per una buona comunicazione, ai ragazzi è chiesto qualcosa in più. Alcuni studi, infatti, attestano che il linguaggio giovanile soffre di un preoccupante impoverimento, causato da un deficit di lettura e non meno di scrittura.

È sempre successo che gli adulti parlassero un’altra lingua rispetto ai più giovani, non c’è da meravigliarsi.  Quello però che la stessa scuola si sta chiedendo riguarda il senso delle tradizionali prove scritte come strumento per insegnare a scrivere.

Il discorso va oltre l’esame di maturità, che da due anni – causa covid – ha archiviato il tema di italiano a favore del solo colloquio orale. È una questione di fondo: scrivere significa anche imparare a pensare in maniera critica e personale, formulando delle affermazioni e condividendo delle idee. Tutte cose che le emoticon dei messaggi e il “copiaincolla” da internet al foglio word difficilmente aiutano a maturare.

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