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Nella società dell'immagine siamo sicuri di saper guardare?

Papa Francesco, in un’intervista pubblicata in apertura dell’ultimo libro di don Dario Viganò, riconosce l’attualità e l’urgenza di un’educazione dello sguardo

Gli occhi sono lo specchio dell’anima, recita un vecchio adagio. In un tempo in cui le mascherine coprono buona parte del volto lasciando scoperti solo gli occhi, può essere utile ricordarsene.

Certo ne è convinto papa Francesco che, in un’intervista pubblicata in apertura dell’ultimo libro di don Dario Viganò (“Lo sguardo: porta del cuore. Il Neorealismo tra memoria e attualità”, Effatà Editrice), riconosce l’attualità e l’urgenza di un’educazione dello sguardo.

«Quanta necessità abbiamo oggi d’imparare a guardare! – afferma il pontefice – La difficile situazione che stiamo vivendo, segnata a fondo dalla pandemia, genera preoccupazione, paura, sconforto: per questo servono occhi capaci di fendere il buio della notte, di alzare lo sguardo oltre il muro per scrutare l’orizzonte».

Bergoglio la chiama la «catechesi dello sguardo», ossia allenarsi a contemplare la luce portata da Gesù nel nostro mondo pieno di ombre e oscurità. Guardare in profondità, infatti, può aprire alla trascendenza.

Quando sono mossi da compassione e gratitudine, «Dio è presente nel punto in cui gli sguardi si incontrano», diceva Simone Weil.

Il dialogo tra Francesco e l’ex prefetto del Dicastero della comunicazione della Santa Sede si focalizza sul cinema.

«Come sarebbe bello – confida il Papa – riscoprire attraverso il cinema l’importanza dell’educazione allo sguardo puro. Proprio come ha fatto il neorealismo».

In quei film, infatti, la vita è presentata in tutte le sue dimensioni e chi guarda finisce per trovarsi coinvolto, toccato interiormente, mosso a partecipazione.

Sono le caratteristiche dello “sguardo puro” a cui Bergoglio invita a educare: «uno sguardo che avvicina, che tocca la realtà così com’è, che se ne prende cura e, dunque, che mette in relazione ». Illumina l’intreccio dei fatti per farne emergere il senso profondo. Quello che ci serve – prosegue il Papa – è «uno sguardo che tocca la realtà, ma anche il cuore, è uno sguardo che la realtà la trasforma. Non è uno sguardo che ti lascia dove sei, ma è uno sguardo che ti porta su, che ti solleva, che ti invita ad alzarti».

In definitiva, «è uno sguardo di svelamento: là dove noi non vediamo che un limite, l’occhio del poeta e dell’artista costruisce passaggi, apre brecce negli sbarramenti, scorge i segni di una realtà più bella e grande».

Coglie nell’inverno della vita ciò che è già primavera.

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