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Smartphone vietati ai minori di 14 anni. Da Pellai solo una provocazione?

Come un sasso gettato nello stagno, l’ultimo libro dello psicoterapeuta Alberto Pellai, scritto con la moglie, la pedagogista Barbara Tamborini, ha riacceso il dibattito sui rischi che comporta la diffusione massiccia della tecnologia digitale nella quotidianità dei più piccoli

Smartphone vietati ai minori di 14 anni. Da Pellai solo una provocazione?

Come un sasso gettato nello stagno, l’ultimo libro dello psicoterapeuta Alberto Pellai, scritto con la moglie, la pedagogista Barbara Tamborini, ha riacceso il dibattito sui rischi che comporta la diffusione massiccia della tecnologia digitale nella quotidianità dei più piccoli.

Pubblicato da De Agostini, il volume è in libreria dal 7 settembre scorso. Il titolo non lascia spazio a dubbi: “Vietato ai minori di 14 anni”, cui si aggiunge una domanda che esplicita i principali destinatari del testo: “Sai davvero quando è il momento giusto per dare lo smartphone ai tuoi figli?”. La tesi, tanto semplice quanto provocatoria, è che i ragazzi non dovrebbero ricevere l’agognato device fino alla terza media.

Il discorso parte da un semplice dato di realtà: 1,2 milioni di bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni sono regolarmente online, con effetti devastanti sul processo della loro crescita. Al di sotto dei 14 anni – spiegano gli autori – i ragazzi non hanno gli strumenti cognitivi per gestire la tecnologia, anche se ci sembrano così a loro agio con lo smartphone fra le dita. E questa è solo una delle ragioni che consiglia una terapia d’urto. A ciascuna è dedicato un capitolo del libro: gli smartphone non sono adatti ai bisogni dei nostri figli, riducono la probabilità di successo scolastico, interferiscono con lo sviluppo della mente in età evolutiva, impattano sullo stato di salute organica, riducono le competenze empatiche, influiscono sulle reazioni emotive, creano ansia e dipendenza, generano diseducazione sessuale, interferiscono con il bisogno di sonno, non aumentano il senso di protezione e sicurezza.

Davanti a un simile elenco, non regge neppure il classico argomento davanti al quale i genitori finiscono per capitolare: i loro compagni ce l’hanno tutti… La sensazione – commenta Pellai – è che suoni un po’ come una resa da parte degli adulti, che rinunciano in partenza a studiare alternative concrete alla scelta di mettere smartphone e tablet nelle mani dei figli. Certo, prosegue lo psicoterapeuta, “serve una linea comune, parlare con gli altri genitori, della classe o del quartiere, confrontarsi tra adulti”.

Anche perché, in molti casi, ormai è tardi. Pellai lo sa bene: “La nostra suggestione – conclude – è rivolta principalmente ai genitori delle scuole primarie, cioè a chi la scelta di dare lo smartphone ancora non l’ha presa. È una scelta decisiva, ne va della vita e della serenità dei nostri figli, dobbiamo soppesarla bene e aspettare. Per chi l’ha già presa, urge rimettersi in discussione”.

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