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La lettera di monsignor Gianfranceschi a don Baronio: "La popolarità che circonda la sua Persona è ammirazione e stima per le sue evangeliche virtù"

Il presule la scrisse in occasione dei 50 anni di sacerdozio del canonico. "Fra le stelle vedo anche nubi di mestizia per il bene maggiore sognato e non realizzato. Conosco i suoi aneliti incessanti, i suoi disegni ardimentosi", si legge nella missiva

Nella foto, l'avvocato Roberto Iacuzzi mentre legge ieri in Cattedrale la lettera del vescovo Augusto Gianfranceschi per i 50 anni di sacerdozio del canonico don Carlo Baronio

Ieri sera, al termine della Messa presieduta in Cattedrale dal vescovo Douglas in occasione dei 50 anni dalla morte del canonico don Carlo Baronio (cfr pezzo a fianco) l'avvocato Roberto Iacuzzi, già presidente dell'opera don Baronio, ha letto quello che scrisse l'allora vescovo di Cesena, monsignor Augusto Gianfranceschi per i 50 anni di sacerdozio di don Baronio, il 25 luglio 1961.

Si tratta di una lettera piena d'affetto, di riconoscenza e di conoscenza da parte di un pastore verso uno dei suoi preti. Di seguito il testo integrale.

Reverendissimo e caro Signor Canonico,

sono lieto che qualcuno, di sotto il manto di silenzio steso dalla sua singolare modestia, abbia scoperto la ricorrenza dell’anniversario della sua prima Messa. Forse Ella avrebbe preferito che nessuno fosse venuto oggi a inframmettersi nella intimità del suo colloquio col Signore mentre, dinnanzi a Lui, sta ripensando, uno dopo l’altro, ai cinquant’anni di sacerdozio che la Provvidenza finora le ha concesso, ma non dubiti, la mia voce si concorda con la sua come quella del suo Vescovo ordinante, il venerato Mons. Cazzani, nella concelebrazione del suo primo Sacrificio Eucaristico, e perciò non può esserle sgradita.

Con accenti lieti, parliamo insieme al Signore di tutte le anime incontrate sulla lunga via del suo Sacerdozio; dai seminaristi ai quali è stato maestro di sapere e di virtù, alle schiere ormai innumerevoli dei fanciulli poveri che Ella ha accolto nei suoi piccoli Istituti perché, al desco della Provvidenza, trovassero un pane servito ad essi dal suo tenero e generoso affetto paterno; dagli abitanti delle frazioni suburbane, ora sviluppatesi in fiorenti parrocchie, ai quali Ella per primo, con ardente spirito di iniziativa, ha portato i doni del suo ministero; agli infermi cui ha aperto le porte del Paradiso anche quando potevano sembrare irrimediabilmente chiuse; dai soldati della prima guerra mondiale che ha confortato con i carismi della grazia e col calore della sua umanità ed esaltato con esempi di autentico eroismo di cui porta le stigmate e le ricompense militari; agli operai delle fabbriche che Ella è riuscito ad accostare muovendosi verso di essi sui passi della sua ardita umiltà e della carità; ai sacerdoti dei quali ha coltivato la sacra vocazione.

Guardiamo pure insieme alle stelle, piccole se viste dalla terra ma belle e luminose, che ornano l’arco celeste di questi cinquant’anni: le sue iniziative eucaristiche e catechistiche, di stampa e di azione cattolica; la singolare fedeltà al servizio corale e al ministero delle confessioni; la sua fervida partecipazione a qualunque impresa apostolica diocesana.

Questo l’indice delle opere e non completo, ma quel che più vale non è il volume bensì l’autore che lo ha prodotto. Caro Canonico, qui preferisco lasciare qualche riga in bianco per non turbare il suo animo e custodire nel mio, ad incoraggiamento ed edificazione, i lineamenti spirituali della sua figura umana e sacerdotale.

Certo, fra le stelle vedo anche le nubi; nubi di mestizia per il bene maggiore sognato e non realizzato. Conosco i suoi aneliti incessanti, i suoi disegni ardimentosi: quello che ha fatto è poco a confronto di quanto avrebbe voluto fare. Da questo contrasto sono forse derivati insuccessi e delusioni, come quando la barchetta è sproporzionata al viaggio progettato e si resta con l’amarezza di non aver potuto raggiungere tutte le mete sognate. Ma il Signore, che scruta i cuori, ha visto la larghezza del suo che è come “l’arena del mare”, me ha contato e ne conta i palpiti generosi anche se battono talvolta in toni di ingenuità e di semplicità che possono richiamare in altri il senso di responsabilità e suggerire considerazioni e soste che sono pure esse nello spirito del Vangelo. Ma i palpiti sono egualmente graditi e meritori presso di Lui come anche i limiti e gli arresti che ci dobbiamo imporre nel compimento del bene.

La popolarità che circonda la sua Persona, non mendicata né barattata, è ammirazione e stima per le sue evangeliche virtù. Non le dispiaccia allora che io interpreti la sua preghiera di questa giornata solenne e cara: “Non a noi, o Signore, non a noi ma al tuo Nome sia gloria”, fa’ che dagli umili riflessi che io posso riverberare salgano i miei fratelli alla sorgente purissima e indefettibile della luce, che sei Tu, e si lascino illuminare.

Coraggio, Sig. Canonico, il suo cammino non è ancora finito. Nel variare delle circostanze e dei bisogni, la Provvidenza ora le sta indicando che, al posto di pochi bambini, sono decine e decine di fanciulli e di fanciulle della nostra città che attendono di entrare in quelli che per l’avvenire si chiameranno gli Oratori di don Baronio come il nome caro ed amato del Canonico Lugaresi resta affidato dal suo Istituto al ricordo e alla venerazione dei cesenati.

Il Signore La benedica, riceva il mio abbraccio e preghi per me. 

Aff.mo Augusto, vescovo

Cesena, 25 luglio 1961

san Giacomo apostolo

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