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i funerali in cattedrale

Le esequie per don Adamo Carloni. Il ricordo della sua lunga e intensa vita

Visse una vicenda che meriterebbe l'iscrizione del suo nome nel registro dei "Giusti tra le nazioni"

Foto Pier Giorgio Marini

In questo momento sono in corso in Cattedrale, presieduti dal vescovo Douglas e concelebrati da numerosi sacerdoti, i funerali di don Adamo Carloni, canonico della Cattedrale.

Di seguito pubblichiamo il ricordo letto da don Piero Altieri al termine della Messa.

Desiderata come porta che si apre alla grande festa del Paradiso, la morte è venuta nel Vespro di sabato scorso, 25 gennaio, a concludere il lungo cammino terreno di don Adamo Carloni, da qualche tempo accolto nella casa di riposo “Opera Don Baronio” sempre assistito amorevolmente dai nipoti in via dei Mulini.

Don Adamo, iscritto nell’annuario pontificio col titolo di monsignore (lui preferiva, se proprio si insisteva, chiamarsi cappellano d’onore del Papa) era nato il 20 aprile 1924; la sua famiglia abitava nel territorio della parrocchia di San Vittore.

Entrato in seminario, che allora aveva sede accanto alla Cattedrale, ha frequentato i corsi scolastici delle Medie e del Ginnasio, poi a Bologna nel Pontificio Seminario regionale Pontificio Benedetto XV, incontrando tanti coetanei delle altre diocesi della Romagna, con i quali rimarrà a lungo unito da cordiale amicizia.

Fu ordinato sacerdote il 20 ottobre 1946 dal vescovo Vincenzo Gili. Gli ultimi anni di formazione che coincisero con l’aggravarsi delle vicende belliche e con l’incrudelirsi delle rappresaglie del Nazifascismo, li ha vissuti nel seminario diocesano e con la famiglia nella loro casa di San Vittore. Il fratello don Lazzaro era stato nominato parroco di Cesenatico.

E fu in quei mesi che don Adamo fu protagonista di una crudele vicenda che meriterebbe, ancora oggi, l’iscrizione del suo nome nel registro dei “Giusti tra le nazioni” depositato nello Yad Vashem di Gerusalemme. Ricordiamo brevemente, oggi congedandoci da lui, all’indomani della “Giornata della Memoria”. Don Lazzaro preoccupato che una famiglia della sua parrocchia, di origine ebrea, la famiglia Brumer, rimanesse vittima delle persecuzioni scatenate dai Nazisti con la complicità dei Fascisti della Rsi propose alla mamma e ai suoi fratelli, don Adamo (non ancora sacerdote) e la sorella Maria, di ospitare questi amici a San Vittore.

Purtroppo una spiata (allora ben retribuita!) portò al loro arresto e con loro don Adamo. Condotti nella sede della Brigata Nera nel Palazzo del Ridotto, subirono la violenza di un interrogatorio che cercava di svelare altri clandestini.

L’intervento del vescovo, in quei giorni Beniamino Socche, riuscì a liberare don Adamo, ma non i coniugi Brumer che assieme ad altri ebrei nostri concittadini, che non potendo essere avviati ai campi di concentramento per le linee ferroviarie interrotte, furono fucilati all’aeroporto di Forlì. Notizia che si apprese molto tempo dopo. Ma l’eroismo della famiglia Carloni non si arrestò. La mamma della moglie di Brumer, non scoperta, continuò a essere ospitata fino a dopo la fine della guerra, giugno 1945. Significativo il ricordo di don Adamo da parte del sindaco Enzo Lattuca in occasione della “Giornata della Memoria” di ieri.

Il primo ottobre 1944, don Adamo e la sorella Maria a Cesenatico dove ebbero la triste notizia della morte di don Lazzaro, vittima di una granata mentre portava soccorso ai degenti del vicino ospedale.

Ordinato sacerdote il 20 ottobre 1946, era stato cappellano della parrocchia di Madonna delle Rose e insegnante in seminario, visse poi il suo impegno pastorale nella costituenda parrocchia di Ponte Pietra. Ben presto però il vescovo Gili gli affidò la nascente parrocchia di Sant’Egidio per la cura pastorale di quell’allargarsi lungo la via Cervese della periferia della città.

E fu una storia preziosa, fecondata da uno slancio apostolico che non conosceva riserve, dovendo affrontare a volte addirittura l’ostilità della parrocchia “alternativa” organizzata dal Partito Comunista nella Casa del Popolo. Ma seppure con tempi lunghi, l’energia entusiasta del Vangelo riuscì a intrecciare solide amicizie e un dialogo che ha poi portato buoni frutti.

Una storia lunga quella vissuta a Sant’Egidio. Un amore a prima vista, vissuto in presa diretta per oltre quarant’anni, dal 1952 fino al 1996 e poi ancora, quando con la fedele sorella Maria, si ritirò ospite della Casa del clero in piazza Isei.

Impossibile per la brevità di questo congedo, documentare la costruzione della chiesa parrocchiale dove ha avuto conclusione la Peregrinatio Mariae, le molteplici opere parrocchiali e soprattutto la crescita della comunità, coinvolgendo la fiorente e apostolicamente dinamica Azione Cattolica (don Adamo, nel suo testamento la definisce vero seminario del Popolo di Dio). Lieto anche di accompagnare con affetto e trepidazione tante vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.  Inoltrandosi poi nella grande impresa dell’attuazione del Concilio Ecumenico e nonostante i fermenti della contestazione. Unito con affetto cordialmente manifestato, a tutto il Presbiterio, nelle pagine del testamento dice la sua riconoscenza per le diverse esperienze di spiritualità sacerdotale incontrate, in modo particolare il Movimento dei Focolarini e con gli amici dell’Unitalsi e della San Vincenzo.

Nominato canonico della Cattedrale, per un certo tempo delegato del vescovo per la Chiesa madre che lo ha accolto per l’ultimo congedo prima della sepoltura nel “campo dei preti” nel cimitero urbano, don Adamo ha operato con generosità per il suo arredo, in particolare i nuovi confessionali, esercitando un fervente ministero per la liturgia e il sacramento della riconciliazione.

Diciamo a lui, uniti al vescovo Douglas, nella “pasquale” celebrazione della liturgia funebre, il saluto affettuoso da lui scritto a conclusione del suo testamento. “Arrivederci nella Casa del Padre”.

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