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La montagna e i suoi silenzi come segno del mistero

Il medico-poeta Franco Casadei scrive al direttore di ritorno da una vacanza in Alto Adige

Un'immagine della Valle Aurina. Foto Pier Giorgio Marini

Caro direttore, il 17 luglio 2024 Giovanni Paolo II finisce la sua vacanza in Valle D’Aosta e dice ai suoi amici:
“So che vi dispiace lasciare tanta bellezza; anche a me dispiace, perché qui si sfiora la mano di Dio”.

Riporto questa citazione di papa Wojtyla in quanto ogni volta che ritorno in montagna – dai 16 anni della mia adolescenza fino ai nostri giorni - si riverbera in me lo stesso pensiero.

La montagna e i suoi silenzi sono un richiamo all’infinito, un segno del mistero, con ciò che sta oltre le cime e il verde dei boschi e lo scorrere dell’acqua dei torrenti.

E nascono nell’anima le grandi domande di Leopardi: Che fa l’aria infinita, e quel profondo / Infinito Seren? che vuol dir questa / Solitudine immensa? ed io che sono?

 

In questi giorni ho trascorso una breve vacanza in Valle Aurina, in Alto Adige, un luogo ricco di un verde di boschi e di prati che mai avevo incontrato prima.

E il torrente Aurina e i tantissimi altri torrenti che, in un periodo di siccità come i nostri, tracimano acqua facendo del loro scorrere una musica che pacifica le tensioni quotidiane che appesantiscono le nostre giornate.

E mi è nata una riflessione in versi, scritta di getto in pochi minuti, per fissare i pensieri e le emozioni provate. Come segno di gratitudine.

Franco Casadei - Cesena

 

La Valle Aurina in poesia

 

Se percorri i sentieri della Valle Aurina,

lo scorrere delle sue acque su sassi e forre

è una musica che fa socchiudere gli occhi

e ti invita a rallentare il passo

 

musica che permea gli anfratti della vita

e i suoi abissi,

un richiamo alle origini del mondo

che si fa compagnia nel cammino

verso una meta ancora in parte ignota,

ma desiderata e fortemente ambita.

 

E il verde edenico di boschi e prati

e l’ondeggiare di larici e di abeti,

invito ad una danza tenendosi per mano.

 

Ed animali mansueti che pascolano

e ruminano in libertà totale,

segno di una pacificante quiete.

 

E la croce sui crinali e sulle cime

orma di Dio a guardia del creato.

 

E tu e noi, col nostro cammino lento,

come obbedienti ad un richiamo arcano

di Qualcuno che ci è vicino anche se lontano.

 

Pur deboli e fragili, ci si sente attesi

e insieme si alzano gli occhi al cielo

nel mentre spontanea nasce una preghiera

grati della gioia che ci ha inondato il cuore.

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