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Lettera aperta al sindaco di Bologna dal carcere della Dozza

Le proposte dei detenuti per dare gambe a progetti di autentica rinascita. "Sulle questioni che abbiamo sollevato ci piacerebbe avere un riscontro e magari un impegno fattivo ai tempi di realizzazione delle proposte che abbiamo formulato", dicono da dietro le sbarre

Photo SIR/CdE

Buonasera dottor Zanotti,

sono Federica Lombardi, una delle volontarie del laboratorio di giornalismo "Ne Vale La Pena" (Casa Circondariale di Bologna).

Leggendo una riflessione scritta da Matteo Lepore, sindaco di Bologna, e pubblicata su “La Repubblica” lo scorso 6 settembre (https://ristretti.org/la-civilta-di-un-paese-si-misura-anche-sui-diritti-dei-detenuti ), come redazione, a inizio ottobre, gli abbiamo inviato una lettera contenente alcune proposte concrete affinché la funzione rieducativa della pena sia realmente messa in pratica. Alcuni giorni dopo, siamo stati contattanti con la promessa che avremmo ricevuto una risposta: è trascorso un mese e mezzo e noi non abbiamo saputo nulla. Come redazione, chiediamo se questa lettera (che trova in allegato a questa email) potesse essere pubblicata sulla vostra testata.

In attesa di una sua risposta, le porgo i miei più cordiali saluti.

Federica Lombardi

Ecco la lettera.

Caro Matteo, abbiamo saputo della tua visita alla Dozza e successivamente letto e apprezzato la tua riflessione sul carcere, apparsa sulla stampa il 6 settembre. Il campo di osservazione che ti è stato offerto, per quanto molto ampio in termini spaziali, non ha permesso di attivare una vera interazione con le persone ristrette, essendo mancato uno spazio di confronto vero e proprio durante la visita, in quanto queste occasioni, che per noi sono molto importanti, il “filtro istituzionale” non favorisce uno scambio diretto.

Avrai osservato che oggi il carcere è un’istituzione che svolge una serie di compiti non richiesti dal mandato formale, piuttosto riconducibili a un “welfare” a basso costo: è housing sociale per i senza fissa dimora, è centro di accoglienza per i migranti, è comunità terapeutica per i tossicodipendenti, comunità psichiatrica e manicomio de facto per le fragilità psichiche, è centro per l’impiego per i disoccupati, è residenza sanitaria e lungodegenza per gli anziani. È molte di queste cose combinate che non trovano una risposta integrata fuori dalle mura del penitenziario. Come gruppo di redazione di Ne vale la pena, che opera da 10 anni all’interno della Casa circondariale Rocco D’Amato di Bologna, abbiamo deciso di dare il nostro modesto contributo perché la tua attenzione possa tradursi in atti amministrativi concreti. Abbiamo scelto di scriverti il giorno dopo le elezioni politiche perché – come diceva Alcide De Gasperi – «i politici guardano alle prossime elezioni, gli statisti alle prossime generazioni». Siamo fortemente preoccupati che una compagine politica come quella che si accinge a governare il Paese difficilmente riprenderà il difficilissimo percorso di riforma dell’esecuzione penale, assecondando la “pancia” della società, che ci vuole solo chiusi dietro al muro senza nessun percorso di riscatto. Oggi stiamo attraversando il tempo della complessità, che stride con la tendenza a prediligere risposte facili e superficiali, in base alle quali il detenuto “deve pagare” e basta, sulla base di una “certezza della pena” che di fatto è soltanto “certezza della galera”.

Siamo consapevoli che stiamo attraversando una stagione segnata dalla paura e dall’incertezza, in cui nell’opinione pubblica è esaltata, appunto, la componente sanzionatoria e punitiva della pena. La percezione sociale più diffusa è che attraverso l’eliminazione del soggetto che delinque dal circuito sociale, tramite la sua reclusione, viene risolto il problema della criminalità. Quante volte anche i media propongono frasi come “fateli marcire in carcere”, “buttate via la chiave” e così via, che sono espressione di un pensiero accettato e diffuso nella nostra società diseguale, che trova tutto sommato comodo rinchiudere le marginalità sociali dentro le carceri. Il recovery fund potrebbe garantire le risorse economiche necessarie per adeguare il sistema carcerario italiano, ma ciò non basta, perché occorre ripensare il carcere, l’ordinamento penitenziario e l’intero sistema giudiziario se volessimo realmente realizzare l’obiettivo che i padri costituenti hanno voluto inserire nell’art. 27 della Costituzione. Ma a Bologna, come tu stesso hai affermato, questo non è accettabile: nell’idea di città che la tua amministrazione sta delineando, a nostro parere la Dozza non può che diventare realmente un pezzo di città, integrato a pieno titolo nel territorio. Una proposta innovativa, la tua, in campagna elettorale: ma adesso occorre declinarla con atti concreti, andando oltre la visita di cortesia e le frasi, è vero, importanti che però non devono rimanere solo parole. Hai assicurato che non mancherà il tuo costante impegno nei confronti delle altre istituzioni affinché l’esecuzione penale possa tornare al centro del dibattito politico e di questo ti ringraziamo. Hai altresì puntualizzato che come sindaco ti adopererai a realizzare azioni concrete nell’ambito delle tue competenze.

Allora, riconoscendoti una visione progressista e garantista, pensiamo che sia arrivato il tempo di buttare il cuore oltre l’ostacolo con un’agenda ambiziosa e stringente. Nell’ambito delle tue prerogative potresti: – prevedere premialità per chi, nei bandi di gara di affidamento e concessione di lavori e servizi, assicura l’assunzione a detenuti in misura alternativa o il loro utilizzo come volontari; – utilizzare i detenuti per i lavori di pubblica utilità, che possono essere svolti gratuitamente con ratio eminentemente riparativa, in favore “delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi” e che possono partecipare volontariamente e gratuitamente a “progetti di pubblica utilità in favore della collettività” presso enti pubblici o privati come parte del programma di rieducazione; – predisporre un piano per un’edilizia popolare riservata a chi, terminata la pena, non ha una casa o in alternativa promuovere la convenzione con strutture ricettive esterne; – promuovere un forum del terzo settore riservato alle associazioni che si occupano del volontariato carcerario e guidarle nell’intercettare finanziamenti europei nei bandi riservati alla sicurezza; – sensibilizzare le organizzazioni datoriali e il mondo della cooperazione perché promuovano progetti per portare lavoro all’interno della Dozza in collaborazione con la Direzione dell’istituto; – sensibilizzare la Regione Emilia Romagna perché investa nella formazione professionale in carcere sulle professioni realmente adeguate alle esigenze del mercato del lavoro, dal momento che i corsi che attualmente si svolgono hanno contenuti a nostro parere ormai obsoleti; – promuovere il carcere come luogo in cui calendarizzare eventi e spettacoli musicali e teatrali previsti nei diversi cartelloni della città, per favorire una reale apertura delle mura che ci circondano alla società esterna ed allo scambio di conoscenze.

Sulle questioni che abbiamo sollevato ci piacerebbe avere un riscontro e magari un impegno fattivo ai tempi di realizzazione delle proposte che abbiamo formulato. Per concludere riteniamo importante sottolineare che la persona detenuta nella stragrande maggioranza dei casi pur avendo perduto il diritto alla libertà ha conservato tutti gli altri diritti, ma di fatto è stata privata del diritto dì cittadinanza attiva e passiva e dì spazi pubblici di partecipazione civica. Ciò potrebbe provocare un allontanamento dalla consapevolezza di avere diritti e doveri nel contesto sociale. Noi nel nostro piccolo, con l’attività di redazione cerchiamo di rimanere in prima linea nell’affrontare e dibattere l’attualità delle problematiche, pronti a recuperare il pieno esercizio della nostra dignità di cittadini, offrendo il nostro contributo. Ne vale la pena è perciò a tua completa disposizione in tal senso, confidando nel tuo concreto impegno per tradurre in pratica i concetti che i padri costituenti della nostra Repubblica hanno voluto ribadire nell’art. 27 della nostra Costituzione, per realizzare la vera giustizia dal “volto umano”.

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Lettera aperta al sindaco di Bologna dal carcere della Dozza
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