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Antonelli studente a Ortona. Ritrovata inedita testimonianza documentaria dell'ingegnere militare originario di Gatteo

La scoperta è dell'appassionato di storia locale, Giulio Zamagni

Nella foto, la nota di possesso

Importante ritrovamento di Giulio Zamagni, ricercatore storico di Gatteo, archivista dell’Abbazia di Santa Maria del Monte di Cesena e amministratore della Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano, sul famoso ingegnere militare originario di Gatteo, Giovanni Battista Antonelli (Gatteo 1527- Toledo 1588). Riguarda la formazione professionale, finora del tutto ignota, del giovane Antonelli, figlio del capomastro Girolamo, mandato a studiare calcolo e tecniche di misurazione alla scuola d’Abbaco di Ortona in Abruzzo, nel Regno di Napoli. Località che all'epoca era sotto l’influenza spagnola e le scuole d’Abaco erano assimilabili alle attuali scuole professionali, nelle quali si insegnava matematica e altre materie finalizzate alla formazione di futuri tecnici e mercanti. Quindi prima che l'Antonelli lasciasse la Romagna alla volta della Spagna - dove si affermerà come importante ingegnere militare e darà vita alla famosa “dinastia antonelliana” che opererà con sette esponenti, per oltre un secolo sulle coste del mediterraneo e nelle lontane Americhe – compì gli studi a Ortona. Il merito di Giulio Zamagni è di avere rintracciato nella Biblioteca Manfrediana di Faenza un antico volume (foto in basso), appartenuto al capostipite degli Antonelli, contenente tre opere del famoso matematico bresciano Nicolò Tartaglia: La Noua scientia de Nicolo Tartaglia con una gionta al terzo libro (Venezia 1537, tratta del moto dei proiettili), Quesiti, et inuentioni diuerse de Nicolo Tartalea brisciano (Venezia, 1546). Regola generale da suleuare con ragione e misura non solamente ogni affondata naue [...] intitolata la Travagliata inuentione (Venezia 1551). Ebbene in quest'ultima compare la nota di possesso dell'Antonelli in fondo al volume nell'ultima carta della prima parte. Nota di possesso così vergata dal medesimo: "Jo Gio. Batta Antonelli da Gatheo comprai quest'opre del Tartagl[ia alla Fiera di Lanzano d'Abruzzo mentre tenevo schola in Orthona a mare di scrivere Abbaco et mesura di maggio 1550". Va sottolineato che la predetta nota è stata successivamente barrata e in parte cancellata probabilmente dai Gesuiti faentini, quando ne entrarono in possesso in tempi successivi.

Infatti sulla controsguardia anteriore del volume troviamo la nota manoscritta dell’ultimo possessore, il Collegio faentino dei Gesuiti: "Collegij Fauentini d.s Compagnia di Jesus".

È verosimile che l'Antonelli durante i suoi studi a Ortona abbia comprato nell’importante fiera di Lanciano, sembrerebbe nel maggio del 1550, queste opere del Tartaglia. Resta un significativo dubbio su questa data: l’opera in calce alla quale l’Antonelli appone la propria nota di possesso è stata edita a Venezia nel maggio del 1551, un anno dopo la data di presunto acquisto. Com'è possibile? Si possono formulare le seguenti tre ipotesi: 1) che l’Antonelli abbia commesso, per mera distrazione, un errore nell’indicazione dell’anno; 2) che l’ultima cifra sia stata successivamente alterata: infatti lo spazio interno di quello che sembra uno zero con sbavatura d’inchiostro potrebbe essere stato annerito in tempi successivi da altra mano; 3) che l’espressione “di maggio 1550” faccia riferimento alla data di inizio dei suoi studi a Ortona e non alla data di acquisto delle opere. Si ritiene probabile che il volume contenente le tre opere del Tartaglia sia stato acquistato così come oggi si presenta dall’Antonelli e che la nota di possesso si riferisca all’intero volume e non solo all’ultimo lavoro del 1551, anche se diviso in due parti.

L’espressione “quest’opre”, declinata al plurale, lascerebbe intendere più opere legate assieme e la legatura in pergamena sembra compatibile con il periodo considerato. Mancano precisi riscontri al riguardo. Probabilmente l’Antonelli concluse poco dopo i suoi studi se, come sembrerebbe indicare nel suo testamento, iniziò i suoi servizi alla Corona spagnola attorno all’anno 1551, forse con il capitano di ventura Giovanfrancesco Guidi di Bagno all’assedio di Mirandola. Nel 1554 partecipò certamente alla Guerra di Siena con le truppe fiorentine di Cosimo de' Medici, dove si rese protagonista del trafugamento dei resti del Beato Colombini dalla chiesa di Santa Bonda, come ampiamente documentato e raccontato anche nel recente lavoro di Giulio Zamagni, dedicato alle insegne araldiche degli Antonelli da Gatteo.

Altro interrogativo: come e in che modo è pervenuto il volume con le opere del Tartaglia posseduto dall’Antonelli a Faenza? Trattasi questa dell’unica sua traccia conservata in Romagna, avendo Giovanni Battista lasciato definitivamente il suolo italiano nel 1557 al seguito dell’esercito spagnolo, prima nelle Fiandre e poi nel territorio iberico. Nel 1560 compilò il manoscritto delle Epitomi delle fortificazioni moderne, (opera edita in anastatica a cura di Mario Sartor nel 2010) forse per accreditarsi presso i reali spagnoli e dove sembra cogliere molte suggestioni, sia nel testo che nei disegni, dalle citate opere di Nicolò Tartaglia. Non si esclude che il volume possa essere giunto a Faenza dalla penisola iberica dopo il 1773, (ipotizzando che il giovane Antonelli l’abbia portato con sé lasciando definitivamente Gatteo), quando i Gesuiti spagnoli, dopo la soppressione dell’ordine, arrivarono numerosi in Romagna. Che le opere di Tartaglia finissero nelle loro mani, sembra naturale, visti gli interessi scientifici di molti religiosi. Purtroppo la mancata indicazione della data di acquisizione da parte del Collegio gesuitico faentino e l’assenza di altre note sulle diverse opere contenute nel volume stesso non ci permettono – al momento - di indagare oltre al riguardo. Resta la notevole importanza della scoperta di questa nota manoscritta del giovane e futuro ingegnere militare Giovanni Battista Antonelli di Gatteo. È anche la testimonianza documentaria più antica, che oggi ci viene svelata, che lo riguarda.

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