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Storia

L'esperto Antonioli: "Quel teschio non è di Leonida Malatesta"

Il cranio è conservato al museo Renzi di San Giovanni in Galilea (Borghi)

Teschio al museo Renzi

Scienza e storia insieme per indagare su Leonida Malatesta (1562-1600). Tutto è partito nel 2017 quando l'allora direttore del Museo e Biblioteca Renzi di San Giovanni in Galilea (Borghi) Andrea Antonioli condusse studi e ricerche su un antico teschio custodito nello stesso Museo e attribuito a Leonida. Il corpo, però, non fu mai ritrovato e il reperto aveva indotto alcuni studiosi del passato a credere che la cospicua lesione a carico dell’osso frontale potesse essere la causa prima della malattia psichiatrica di Leonida, non a caso definito “il Pazzo” in alcuni testi storici. Antonioli chiamò quindi una équipe di esperti che condussero studi scientifici e d'archivio.

L’approfondito esame multidisciplinare ha dimostrato che il teschio non apparteneva a Leonida, bensì a un individuo vissuto tra i 200 e i 300 anni prima. Il test del radiocarbonio lo data a un periodo compreso tra il 1295 e il 1400. Inoltre, per il cranio conservato nel Museo, attribuito a un soggetto di sesso maschile, è stata stimata un’età al momento della morte pari a poco più di 47 anni, mentre Leonida Malatesta morì a 38 anni. Per quanto concerne la lesione a carico dell’osso frontale, essa fu verosimilmente cagionata da un colpo di fendente anche se l’imponente reazione e neoformazione del tessuto osseo di carattere infettivo in seguito al trauma (osteomielite) non permette al momento di identificare perfettamente la tipologia dell’arma o dello strumento utilizzato per arrecare il colpo.

"Lo pseudo Leonida - spiega Antonioli - non sopravvisse a lungo al trauma, dal momento che il cranio manifesta una calcificazione delle coclee auricolari compatibile con una patologia nota come labyrinthitis ossificans, riscontrabile in contesti traumatico-infettivi. Inoltre, un riesame degli archivi museali ha permesso di trovare alcune carte che parlavano del cranio oggetto dello studio e lo mettevano in relazione a una morte in battaglia o al colera. Considerata l’antichità del reperto e l’assenza del colera dall’Europa prima del XIX secolo, una eziologia traumatica bellica appare molto più ragionevole, essendo note battaglie nell’area del ritrovamento durante il XIV secolo.

La nuova ricostruzione ha chiuso il cerchio degli studi su Leonida e sul cranio a lui attribuito. "A breve - anticipa Antonioli - saranno oggetto di una pubblicazione in forma divulgativa firmata da Alessandra Peroni e da me. Un articolo paleopatologico sarà pubblicato in un’importante rivista storico-medica a cura del professor Francesco Galassi e della sua équipe di studiosi".

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