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Lettere di D'Annunzio in mostra a Borghi da luglio

I cimeli sono stati presentati dall'Unione nazionale ufficiali in congedo d'Italia, assieme agli autori delle ricerche, Andrea Antonioli, direttore del Museo e Biblioteca Renzi, Giampaolo Grilli e Giovanni Paolo Tesei

Ricci, Antonioli e Grilli

Inediti di guerra e lettere di Gabriele D'Annunzio a Borghi. Un lavoro di ricerca e di studio minuzioso quello condotto dall'équipe dell'Unuci (Unione nazionale ufficiali in congedo d'Italia), sezione di Cesena, e dal Museo e Biblioteca Renzi di San Giovanni in Galilea, che ha portato all'istituzione di un fondo che comprende, tra preziosi documenti storici e diari di guerra inediti, anche tre lettere di Gabriele D'Annunzio.

I preziosi cimeli, presentati nei giorni scorsi nella sede della sezione Unuci di Cesena presieduta dal frofessor Alessandro Ricci, assieme agli autori delle ricerche, Andrea Antonioli, direttore del Museo e Biblioteca Renzi, Giampaolo Grilli e Giovanni Paolo Tesei, confluiranno nelle collezioni del museo di San Giovanni in Galilea, dove potranno essere ammirati in maniera permanente nella sezione storica del Novecento che verrà inaugurata il prossimo 4 luglio.

Le lettere dannunziane sono state donate dalla famiglia Oliveti-Dal Pont di Milano e sono indirizzate al pilota Ivo Oliveti, eroe di guerra nel primo conflitto mondiale agli ordini del “comandante poeta” D'Annunzio. Diverse altre lettere di Ivo Oliveti al Vate sono custodite al Vittoriale degli Italiani, col quale gli autori sono in frequente contatto e stanno collaborando ad altri progetti a livello nazionale. «D'Annunzio scrisse queste tre lettere all'Oliveti tra il 1926 e il 1928 - sottolinea Antonioli - evidenziando la ricorrenza delle passate gloriose imprese, in particolare quella della notte tra il 4 e il 5 ottobre 1917, quando gli “aquilotti” della “San Marco” compirono l'impresa di Cattaro, devastando le postazioni militari austriache. Per celebrare quell'evento glorioso D'Annunzio fissava ogni anno l'appuntamento con l'Oliveti e altri piloti di quell'impresa al Vittoriale degli Italiani, presso la “Nave Puglia”, dove nel silenzio della notte, quando Saremo noi soli in faccia alla notte e all’Avvenire [...] tireremo ventun colpo di cannone. Da alcuni documenti degli anni Venti, sappiamo che il Vate chiamava amichevolmente l'Oliveti “il notaro di Romagna”, con chiara allusione alla professione di avvocato di quest'ultimo».

«Ivo Oliveti e D’Annunzio, assieme ad altri pionieri del volo, furono artefici delle prime imprese aeree italiane grazie a tecniche innovative per quei tempi - Giampaolo Grilli -. Insieme presero parte alle operazioni degli arditi azzurri dalle ali forate, come lo stesso Vate amava definire, a partire dal bombardamento sulle postazioni di Cattaro ricordata come la …più ardita impresa marina aviatoria condotta a luce stellare, e, poi, coi voli della cosiddetta “Serenissima”, la Squadriglia “San Marco”, protagonista di una lunga serie di episodi eroici che contribuirono in modo determinante alla vittoria italiana nella grande guerra».

Giovanni Paolo Tesei, nipote di Ivo Oliveti e donatore di gran parte dei cimeli, sottolinea alcuni aspetti di queste lettere dannunziane: «Oltre alle confidenze private e alle vecchie imprese compiute assieme dai due amici, si possono rilevare spunti storici e letterari eccezionali, resi con il tipico linguaggio, ardente e suggestivo del Vate. Insomma, dei veri capolavori da leggere e gustare. E tuttavia non si può fare a meno di cogliere un auspicio celato da una leggera vena malinconica che ha tutto il sapore dell’umana debolezza, quasi un lasciarsi travolgere da una mera illusione, quella di scongiurare la solitudine, di alimentare la speranza di rivedere un vecchio amico, per renderlo partecipe dei propri timori e delle proprie delusioni (come quella patita per la perdita di Fiume) e di poterlo finalmente riabbracciare al Vittoriale. Perché fu proprio nell’appartata villa, dal fuoco bianco del Benaco, che D’Annunzio lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto teatrale un mausoleo fatto di ricordi e di simboli mitologici di cui la sua stessa persona costituiva il momento di attrazione centrale».

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