Commento al Vangelo
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Il giorno del Signore

Domenica 1° maggio - San Giuseppe lavoratore - Anno C

NON ABBIAMO PAURA DI LASCIARCI ’PASCOLARE’

At 5,27-32.40-41; Sal 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

Questo capitolo si trova in perfetta continuità con i capitoli precedenti e completa la serie delle apparizioni del Risorto.

Ci troviamo in uno splendido scenario, in riva al lago di “Tiberiade”. Gesù (nei versetti 1-14) si manifesta vivo, risorto, a “sette” dei suoi discepoli. Un ritorno agli inizi? Un meritato riposo? Si trovano lì su invito del Maestro. Sono tornati a pescare, secondo una “voglia” che era molto istintiva in loro. Eppure, quello che facciamo secondo i nostri desideri molte volte non porta frutto, fosse anche lavorando una notte intera nel freddo e fra tanti sbadigli. Gesù è ancora uno sconosciuto che si trova sulla riva: chiede qualcosa da mangiare e, di fronte alla loro riposta negativa, li invita a gettare le reti alla loro destra, in pieno sole. I discepoli, un po’ smarriti, decidono di credere allo straniero e la loro fiducia viene premiata: Pietro porta a terra 153 grossi pesci. Il simbolismo di questo numero, purtroppo, ci rimane oscuro, ma di certo è un segno di abbondanza. Il fatto poi che la rete non si rompa ci fa pensare all’unità della Chiesa (Gv c. 17), benedetta da Gesù e incarnata in Pietro e nei suoi successori.

Sulla spiaggia Gesù parla e fa dei gesti carichi di ricordi eucaristici. I discepoli mangiano insieme al Cristo Risorto, il Vivente: l’Eucarestia va messa al di sopra di tante devozioni o esperienze cristiane troppo esoteriche. Nel capitolo 10 del IV Vangelo, Gesù si identifica con il pastore modello ma, anche in seguito, ad amare esperienze. Si vede la necessità di pastori in carne e ossa.

In Gv 21,15-19 notiamo un fitto dialogo fra Gesù e Pietro. Questi è stato scelto dal Maestro affinché si metta alla guida della sua Chiesa; ne è degno? Tutti e nessuno, tanto meno Pietro che lo ha rinnegato tre volte. Il passato è passato, adesso è necessario un capo che, prima di tutto, ami tanto a Gesù di Nazaret da essere disposto a morire per lui. Alla domanda di Gesù, Simone risponde: «Signore, tu conosci tutto: tu sai che ti voglio bene». Allora Cristo lo conferma definitivamente: «Pasci i miei agnelli», «Pasci le mie pecore». È vero: le pecore rimangono sempre di Gesù.

Tuttavia è normale sentir dire dai parroci: «I miei parrocchiani». Che onore “pascere” la Chiesa, ma tutto questo esige seguire il Signore fino alla morte. Tutti i credenti debbono essere docili e non aver paura di lasciarsi “pascolare”.

La gerarchia, mettetela sopra o nel mezzo, rimane per la Chiesa cattolica quel grande dono che ci impedisce di sbandare, di sciupare forze fresche e di andare a finire nel fosso.

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