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Emergenza Coronavirus

Responsabilità

È l’ora della responsabilità. Anche per noi. Soprattutto per noi che siamo chiamati a produrre notizie. Una parola fuori luogo può procurare enormi danni.

Responsabilità

Alla fine, come temuto, è arrivato anche il primo caso di Coronavirus in Romagna.

Il cittadino contagiato, per il quale, nel momento in cui stiamo andando in stampa sono in corso ulteriori accertamenti, è ricoverato all’ospedale di Rimini.

Che succede, quindi? Dobbiamo tutti allarmarci? Dobbiamo avere paura, più di quanto già non ne abbiamo? Dobbiamo rimanere tappati in casa? Che dobbiamo fare, si stanno chiedendo tantissimi e lo chiedono anche noi del Corriere.

“Ora è il momento della solidarietà e della cooperazione, per lavorare insieme, per proteggere la salute di tutti”. Prendo questa frase da una nota dell’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) diffusa lunedì scorso che noi abbiamo rilanciato online martedì mattina.

Mi pare condensi ciò che viene chiesto a ciascuno di noi, secondo il proprio ruolo.

Se posso aggiungere, è l’ora della responsabilità. Ancora una volta dobbiamo e vogliamo fare appello a quel senso civico, di condivisione, di comunità che da sempre contraddistingue la gente che abita questi territori. Quel senso comune che fa di noi, qui in Romagna, assieme a quanti sono giunti qua, un modello da cui tanti altri attingono. Qui si vive il senso dell’accoglienza e dell’ospitalità.

Ma anche e in particolare, quello della concretezza che ci viene dalla terra che molti dei nostri nonni e bisnonni lavoravano all’inizio del Novecento.

Allora, mi permetterei: stiamo uniti. In questo frangente così particolare, così difficile e anche strano, con le città e i paesi deserti. Con gli scaffali dei supermercati che sono stati presi d’assalto (non me lo sarei aspettato) ma sono stati anche subito riforniti grazie a quella voglia di fare, e di fare bene, che non può mancare pure in questa circostanza tanto imprevedibile.

È l’ora della responsabilità. Anche per noi.

Soprattutto per noi che siamo chiamati a produrre notizie. Una parola fuori luogo può procurare enormi danni. Allora vogliamo ricordarci che quel che scriviamo può fare male. Qua cerchiamo di ricordarlo sempre, sia quando lavoriamo per questa edizione cartacea, sia quando siamo impegnati su quella in Rete che in emergenze come questa registra migliaia e migliaia di accessi al giorno (15 mila solo domenica scorsa).

I sacrifici cui siamo tutti sottoposti, con le limitazioni negli spostamenti, nei viaggi e nella partecipazione a eventi comuni, Messa delle Ceneri compresa, devono essere vissuti in vista di un bene superiore. Né mio né tuo, ma di tutti. Nostro. Della comunità, appunto.

Chiudo con il titolo di apertura di Avvenire di martedì scorso: “L’impegno è antivirale”. Mi piace come slogan. Mi piace come invito da fare nostro. Da praticare con responsabilità.

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