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Le scartoffie, la burocrazia e la dignità nel lavoro al tempo del virus. La denuncia di Giorgio Pollastri (Comunità papa Giovanni XXIII)

"Provate voi ad avere un lavoro che vi permette di essere persona e non poter lavorare perché nessuno vi dà una mano. Dobbiamo svegliarci da questo torpore di individualismo generale acuto", dice ancora l'affezionato lettore

Foto archivio agensir.it

Di seguito pubblichiamo una lunga lettera che Giorgio Pollastri della Comunità papa Giovanni XXIII ha scritto al direttore. Una denuncia forte in un momento in cui la mancanza di lavoro e di manodopera è più forte che mai. Ecco le sue dure parole.

Ciao Francesco, voglio parlare di un fatto che riguarda il lavoro, uno dei fondamenti per la nostra dignità. 

In questa regione si parla di mancanza di manodopera a causa della pandemia. Aggiungo anche per via di nostre responsabilità precise che toccano la persona, la profondità della persona, specialmente di chi è un po' ignorante, di chi è ai margini, di chi è migrante, di chi non ha la forza di combattere.

In questa ultima settimana sto accompagnando due giovani migranti che hanno i documenti e sono in un progetto della Prefettura di Forlì-Cesena. Hanno trovato lavoro in un'azienda agricola per alcuni mesi. A loro vengono rilasciati i documenti, portano il foglio dove hanno l'appuntamento successivo per il rinnovo del permesso di soggiorno e portano anche un foglio intestato "Ministero degli Interni" sul quale è scritto che tutti i documenti in scadenza in questo periodo vengono rinnovati fino al 15 giugno. Tradotto per noi: i documenti di questi due ragazzi sono a posto.

L'ufficio che li deve assumere non lo fa perché il foglio del Ministero degli Interni dice che riguarda solo i documenti in scadenza fino al 15 aprile e i loro scadono il 17 e 27 aprile. Hanno però già appuntamento dove non sono potuti andare perché le questure erano chiuse. Allora io telefono a Prefettura e Questura e mi dicono che sono validi comunque perché c'è una proroga e me lo scrivono in una email che giro all'ufficio, pensando che così sia tutto a posto. Mi rispondono: noi vogliamo CARTA CHE CANTA perché è rischioso, c'è il penale e una grossa multa ecc. Provo a replicare: ho parlato con Prefettura e Questura. A questo punto, faccio dentro di me una parentesi e penso a tutto il mercato del lavoro dalle nostre parti: persone che vengono assunte e poi in busta paga risultano 3/4 giornate al mese e ne lavorano 25/28 e neanche possono richiedere la disoccupazione perché non raggiungono il numero delle giornate per chiederla... tanto un migrante che ne sa di queste cose? Si accontenta di prendere i soldi, si pensa. Oppure vengono pagati 4/5 euro l'ora, magari anche in nero. Ma riguardo a questi imbrogli ci sono le CARTE CHE CANTANO e dicono che non si può far lavorare in nero, non si possono mettere in busta paga solo 3/4 giorni al mese se ne vengono lavorati 25/28.

Ma la CARTA CHE CANTA è solo per i propri interessi quando si sfruttano le persone, le persone più povere, le persone emarginate, le persone ignoranti, chi è obbligato ad accettare qualsiasi lavoro. Non mi riferisco a questa situazione specifica, perché non la conosco, ma queste due persone che hanno trovato lavoro vogliono lavorare. Farebbero dei chilometri in bici per andarci. Si sono trovate in mezzo a questo intrigo assurdo. Poi mi chiedo anche un'altra cosa…. Non avevo finito il raccontino che vi ho fatto prima dei vari passaggi che ho dovuto compiere quando alla fine mi hanno chiesto la CARTA CHE CANTA, perché mi sono dovuto procurare la GAZZETTA UFFICIALE della Repubblica Italiana del 24 aprile 2020 per trovare l'art. 103 al punto 2- quater 2. Questa Gazzetta Ufficiale ha moltissime pagine e sono riuscito a trovarla venerdì sera dopo cena. Poi, tramite email, l'ho subito spedita alla referente dell'ufficio che ha il compito di assumere. Non è possibile che in questo momento storico dove si continua a ripetere che la campagna va in malora perché manca la manodopera e poi chi è preposto per assumere, non ha la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana? Perché devo trovarla io che non è nella mia testa? Però ho imparato un'altra cosa e mi hanno aiutato loro, questi migranti quasi disperati.

Ma perché mi dico queste cose? È semplice, bisogna recuperare il senso della vita, il voler bene, il mettersi al posto di chi è povero. Provate voi ad avere un lavoro che vi permette di ESSERE PERSONA e non poter lavorare perché nessuno vi dà una mano. Dobbiamo svegliarci da questo torpore di individualismo generale acuto. Quante volte lo sta richiamando anche papa Francesco che si mette sempre al posto dei poveri. Ma noi cristiani in quale posto ci mettiamo? Non si possono lasciare da sole le persone che non sanno come muoversi, hanno bisogno di "mi informo e te lo so dire".."non lo so se ti possiamo assumere, ma ti garantisco che mi informo con tutti"..."non ho in mano la "CARTA CHE CANTA" ma dovrebbe essere logico che se le Questure sono chiuse per la pandemia, da qualche parte c'è una proroga". Non bisogna mollare. Quando una persona ha bisogno, non bisogna mollare. Il lavoro ci dà da vivere in tutti i sensi. Viviamo più in tranquillità, vediamo meglio il futuro, ci guadagniamo la pagnotta e questa è tutta salute interiore. Nella vita la giustizia porta ad una vita migliore per tutti.

Vedi Francesco, io non sono una persona che giudica, non mi piace perché non vorrei essere giudicato, ma vorrei essere voluto bene, come sono certo tutti noi. Scriverti ogni tanto certe riflessioni che mi vengono mi aiuta a cambiare in meglio. Comunicare agli altri certe cose che si vivono è una cosa bella se fatta così, in  modo semplice, ma più vera possibile. È la vita che insegna a vivere e non i ragionamenti contorti che molte volte siamo abituati a farci e che ascoltiamo. Siamo troppo abituati a non assumerci responsabilità per qualcun altro. 

Quello che ti ho scritto è uno dei tantissimi fatti che vanno cambiati con coraggio. Dobbiamo trovare dentro di noi il coraggio di metterci dalla parte di chi è povero, solo, emarginato, perché le ingiustizie fanno male a tutti, anche a chi pensa di non subirne. Rattristiscono interiormente e portano tristezza ovunque siamo. Continuo a pensare che questo virus invisibile ci deve portare a migliorare la nostra condizione di vita con gli altri e verso noi stessi. Migliorare la condizione di vita non è possedere e avere qualcosa in più, perché è questo che si pensa. Se noi pensiamo a un mondo dove aspettiamo chi rimane indietro, dove camminiamo al passo di chi zoppica, dove sprechiamo tempo con chi non riesce a stare al passo, dove usiamo risorse per chi non ne ha, allora sì che respireremo il senso di popolo, respireremo il senso profondo di cosa significa essere una persona. La persona va ascoltata anche se non parla bene l'italiano o se non conta nulla, perché la sua solitudine e la sua povertà, si capisce anche senza una parola.

Un abbraccio.

Giorgio Pollastri

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Le scartoffie, la burocrazia e la dignità nel lavoro al tempo del virus. La denuncia di Giorgio Pollastri (Comunità papa Giovanni XXIII)
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