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Autenticità digitale, è possibile?

L'indagine “Mi fido di te”, promossa dall’Alta scuola dell’Università Cattolica per i media, la comunicazione e lo spettacolo, ha studiato i punti di riferimento dei giovanissimi nell’epoca della pandemia

Autenticità digitale, è possibile?

“La Ferragni e Fedez sono stati di esempio perché ci hanno fatto capire l'importanza degli aiuti e della raccolta di denaro per rinforzare gli ospedali”.

“Seguo l'Estetista Cinica perché mi interessa quello che dice e come lo dice, è una beauty guru, ma durante il lockdown parlava della situazione disperata di Brescia dove lei vive e ha organizzato raccolte fondi”.

Sono alcune delle affermazioni raccolte dall’indagine “Mi fido di te”, promossa dall’Alta scuola dell’Università Cattolica per i media, la comunicazione e lo spettacolo, per studiare quali siano i punti di riferimento dei giovanissimi nell’epoca della pandemia.

Fra i risultati più interessanti - messi in luce nella scorsa puntata della nostra rubrica vi è anche il ruolo degli influencer e dei blogger seguiti sui social network, a cui i ragazzi guardano molto e chiedono altrettanto. “L’influencer è una professione a tutti gli effetti - afferma uno degli intervistati perché si ha la responsabilità dei followers e bisogna quindi fare attenzione a cosa si dice, come e quando”.

Ma gli stessi influencer cosa ne pensano? Sentono questa responsabilità? O restano chiusi in una bolla in cui vince l’apparenza? Non può sfuggire il cortocircuito tecnologico che vede la Rete (de)formare la realtà invece di mostrarla. Come uno specchio da cui restano fuori troppi aspetti della vita, soprattutto quelli che tradiscono fragilità, paura, vulnerabilità, bisogno.

Forse, però, non è sempre così. Ha fatto scalpore, un anno fa, la scelta di Sofia Viscardi, una influencer da 1,3 milioni di follower, di pubblicare una decina di suoi primi piani in lacrime. Ed eravamo nel dicembre 2019, ben prima dello scoppio della pandemia. Una scelta coraggiosa, quella della 22enne dai cui post su Instagram sono già nati due libri e un film.

Fino ad oggi la Rete è stata soprattutto un luogo in cui sfoggiare la nostra versione migliore, scintillante e sicura. Dove felicità fa rima con bellezza, fama, viaggi e consumi di lusso. Che le cose stiano iniziando a cambiare e l’autenticità riguadagni spazio?

La domanda non riguarda solo gli influencer e, probabilmente, dovremmo rivolgerla prima di tutto a noi stessi. Nessuno è immune dal narcisismo impazzito che domina i social, in cui ognuno è regista e spettatore di piccole fiction autoprodotte.

Ciononostante “l’autenticità virtuale è possibile”, per dirla con le parole di Jane Stranz, pastora protestante francese che alla questione risponde in senso positivo: “ci possono essere ancora vero e umano nel mondo digitale”. Dipende anche da noi.

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