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Francesca Mannocchi a Cesena. Il mondo visto con gli occhi dell'inviata

La giornalista ha parlato della "carne viva" incontrata nei suoi viaggi

foto: Sandra e Urbano (Cesena)

Pudore di tacere e ascolto. Ne ha parlato la giornalista Francesca Mannocchi nel suo intervento “Lo sguardo oltre il confine: dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi”, lunedì 17 aprile al ciclo d’incontri “Il coraggio di conoscere e di capire: ipotesi di geopolitica sul futuro che ci aspetta”. La serie di appuntamenti è organizzata dal Comune di Cesena e dalla Biblioteca Malatestiana insieme all’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì-Cesena.

 

L'inviata e scrittrice, celebre per i suoi reportage su migrazioni e conflitti nel mondo, è stata la seconda relatrice di questa serie d’incontri gratuiti che fino al 18 maggio accompagnerà i cesenati oltre il confine del nostro paese, indagando importanti questioni di attualità e geopolitica.

 

L’incontro si è svolto nell’aula magna della Biblioteca – gremita di persone – e in live streaming in un’aula adiacente, preparata appositamente per la grande affluenza prevista per l’evento.

 

Ispirandosi al titolo del suo ultimo libro pubblicato per DeAgostini nel settembre scorso e con l’aiuto di Ines Briganti e Domenico Guzzone, Francesca Mannocchi ha guidato l’uditorio in giro per il mondo, portando una testimonianza dei luoghi, dei contesti, e, soprattutto, delle persone – la «carne viva» – incontrati nei suoi viaggi.

 

Partendo dal Bangladesh, paese dal quale è tornata appena dieci giorni fa, la scrittrice si è poi concentrata sul Libano – con inevitabili accenni alla situazione di Siria e Turchia – e, in seguito, su Libia e Iraq, toccando in fine l’Afghanistan. Poco è stato detto, invece, per ragioni di tempo, sull’attuale conflitto in corso in Ucraina.

 

Ciò che emerge in modo particolare dal racconto della Mannocchi è l’incapacità da parte dell’Italia, dell’Europa e, più in generale, di quell’Occidente del quale facciamo parte di «guardare correttamente a est». L’incapacità di guardare a Oriente senza il filtro di categorie semplificate e preconcetti banali, usati da chi, dalla propria prospettiva privilegiata, non riesce a pensare e comprendere il diverso. L’incapacità di guardare a est e riconoscere i segni e le conseguenze delle azioni di chi si arroga con presunzione la centralità e la bontà assoluta dei propri valori, pretendendo, coi propri modi e i propri tempi, di «paracadutarli dall’alto». E ancora, l’incapacità di guardare a est e scorgere, oltre alle contraddizioni, la complessità e la possibilità di modelli innovativi e soluzioni vincenti a problemi comuni.

 

In questo senso, il Bangladesh – racconta la scrittrice – è un esempio emblematico. Seppur segnato da contraddizioni importanti che ancora fatica a sciogliere, come un altissimo tasso di matrimoni precoci e quasi un milione e mezzo di bambini che vivono per strada su quasi 180 milioni di abitanti, negli ultimi 15 anni, la nascita di una nuova classe medio borghese ha favorito lo sviluppo del paese che potrà essere annoverato fra i paesi sviluppati entro il 2026. Questo nuovo sviluppo già convive e fa i conti con le fortissime conseguenze della crisi climatica che lo sta colpendo – crisi di cui il paese è solo vittima, contribuendo a livello globale solo per lo 0,5% all’emissione dei gas serra. “Mentre noi aspettiamo la nuova Ischia, la prossima valanga o inondazione, loro dentro tutte le loro contraddizioni hanno in dieci anni diminuito del 90% le vittime legate a catastrofi climatiche. Hanno modellato le loro comunità su un adattamento climatico, creando, ad esempio, città di passaggio dove, durante il periodo dei monsoni, gli abitanti della zona sud del paese possono auto evacuarsi, senza andare a incrementare la popolazione di Dacca che conta già 22 milioni di persone”. “Dovremmo guardare queste realtà cogliendone, oltre le contraddizioni, anche i modelli esemplari. Quei nuovi modelli adattativi che noi non stiamo prendendo in considerazione.”

 

Altri esempi della miopia e delle semplificazioni di chi guarda solo da lontano sono stati presentati in relazione al lascito di Daesh in Iraq e all’evacuazione di Kabul. “Le morti della stagione di Daesh sono niente rispetto a quelle determinate dal regime di Assad. Ma mentre su Assad tutto è perdonato, solo Daesh è costruito come effige del male. Lo era? Solo in parte. La verità è che ci piace raccontare le cose troppo semplicemente. Ci concentriamo sui tagliagole, sulle immagini del pilota giordano morto bruciato vivo, ma meno sul consenso di Daesh. I miliziani dell’Isis non hanno occupato Mosul nel 2014, ma sono stati invitati e, dopo due anni di controllo di quei territori non è partita nessuna resistenza interna”.

 

Ed è la difficile ma necessaria comprensione di questo consenso il punto fondamentale. Al di fuori della green zone di Kabul, «nell’altro Afghanistan, quello vero», dopo vent’anni di occupazione, sono ancora i talebani gli unici a poter garantire la sicurezza delle persone. «I talebani sono cattivi? Andiamo a chiedere se i talebani sono cattivi a una madre di fronte alla quale arriva un giornalista occidentale e la critica sul burka e sul fatto che la figlia non può andare a scuola. Lei non potrà che rispondere: ‘però mia figlia è viva. Non può andare a scuola, ma pazienza, almeno è viva.’»

 

Francesca Mannocchi ci ricorda infine che davanti alla complessità del reale e alle sue contraddizioni, invece di strapparci le vesti per situazioni che ancora non abbiamo compreso, sarebbe più opportuno avere il «pudore di tacere» e metterci veramente in ascolto. Stare in silenzio e scendere dal pulpito dal quale con arroganza giudichiamo. “Io non penso che l’unico bene venga da noi. Io penso che l’unico bene venga, se questa parola ha ancora un senso, e per me ce l’ha, venga dall’autodeterminazione delle persone. E i processi storici dei paesi non li possiamo determinare noi. Non possiamo pensare di determinare cosa sia la libertà per una donna in Afghanistan, quando in questo paese la donna ha cominciato a votare 70 anni fa. Non gliela possiamo paracadutare dall’alto. Possiamo fargliela vedere dicendole ‘questa è la nostra idea di libertà’. La sposi? Ti serve una mano? Quali sono i tuoi tempi?”

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Di seguito, la fotogallery di Sandra e Urbano fotografi (Cesena)

Mannocchi (8)

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