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Il vescovo Douglas ai funerali di Adelmo Calderoni: "Era un uomo buono, mite e amabile"

"Siamo certi che niente potrà mai separarci dall'abbraccio di Dio", ha aggiunto il presule  

Una foto dei funerali di questa mattina di Adelmo Calderoni, in Cattedrale, presieduti dal vescovo Douglas

Questa mattina si sono svolti i funerali di Adelmo Calderoni, per oltre 20 docente di Arte al liceo Scientifico "Righi" di Cesena. Adelmo era uno stimato pittore. Era nato a Russi (Ravenna) e ha ritratto tanti vescovi, a Cesena e a Ravenna. Era il marito di Giannina Sotgiu, deceduta lo scorso anno, già presidente diocesano dell'Azione cattolica.

Di seguito pubblichiamo l'omelia pronunciata dal vescovo Douglas che presieduto il rito funebre. Con lui hanno concelebrato diversi sacerdoti tra cui il vicario generale monsignor Pier Giulio Diaco, il parroco di San Bartolo (parrocchia della famiglia Calderoni) don Agostino Galassi e l'ex parroco di San Bartolo ed ex vicario generale monsignor Virgilio Guidi. 

Ecco il testo pronunciato da monsignor Regattieri. 

Amava la pittura Adelmo. Ricordo di aver visitato la sua ‘personale’ a santa Cristina nel settembre del 2017. Apprezzato artista del ritratto, era soprattutto un uomo buono, mite e amabile. Insegnante d’arte per tanti anni al liceo "Righi" di Cesena, ha vissuto un’esistenza semplice, umile e nascosta nella sua parrocchia di san Bartolo. Adelmo raggiunge, a pochi mesi di distanza, la cara moglie Giannina. Per questo ho voluto che anche oggi si proclamassero le medesime letture scelte per i funerali della moglie: piccolo segno della loro comunione e unione, che ora in Cielo si ricompone per sempre.

 

Nell’abbraccio di Dio

Potente è la riflessione a cui ci obbliga l’Apostolo in questi versetti del capitolo otto della lettera ai Romani (Cfr Rm 8, 31b-35.37-39). “Anche se siamo perseguitati, similmente a Gesù che patì la sorte del giusto sofferente, anche noi non saremo sconfitti da nessun nemico. Il nemico è, infatti, sconfitto e non si trova più in ciò che pure viviamo: non nella tribolazione, non nell’angoscia, non nella persecuzione, non nella fame, né nella nudità, né nel pericolo né nella spada. In tutte queste cose, infatti, noi non troviamo più un nemico ma un’occasione d’amore. La potenza di questa comunione è la forza che i cristiani danno all’insieme della sofferenza e dei gemiti di tutte le creature. Quella che viene dal Cristo che ci ama tutti e in ogni momento, in ogni circostanza, felice o avversa e riesce a trasformare le sconfitte in vittorie, perché la vittoria che sognano i cristiani è l’abbraccio del loro Signore da cui nulla li può più separare e da cui nulla e nessuno è separato” (R, Virgili, Le lettere di Paolo, Ancora, pp. 152-153).

“La vittoria che sognano i cristiani è l’abbraccio del loro Signore”. Questo è il vero senso della bella espressione: chi ci potrà separare dall’amore di Dio? Abbracciati da lui e tenuti in braccio a lui, non temiamo nulla. E il tema dell’abbraccio - oggi emerso alla cronache della riflessione teologica grazie a un bel saggio di Massimo Naro, appena dato alle stampe (Cfr M. Naro, Protagonista è l’abbraccio, Marcianum Press, 2021) – è dentro all’insuperato testo biblico che abbiamo ascoltato nel vangelo: le beatitudini (Cfr Mt 5, 1, 12a).  I poveri, abbracciati dal Signore, i piangenti, i perseguitati, i misericordiosi, i miti: in una parola gli ultimi, proprio perché si sentono avvolti dal Suo amore sono felici: già qui sulla terra, pienamente ed eternamente in Cielo. Non ci è difficile o laborioso pensare ad Adelmo come a uno di questi.

“Anche la Chiesa – scrive il cardinale Zuppi nell’introduzione al sopracitato libro di Naro – è chiamata a sperimentare l’abbraccio. Se riesce a farlo, non smette certo di essere maestra, non perde la sua grandezza, spesso purtroppo fraintesa quasi fosse estraneità, o peggio, curiosamente, mondanità. La Chiesa è madre e non teoricamente, sociologicamente, ma in maniera affettiva, personale, con una carità esagerata, toccando il cuore di questi tanti suoi figli che le sono affidati, forse ancora di più quando sono lontani” (Card. M. M. Zuppi in Avvenire 7 dicembre 2021, p. 3).

Noi comunità cristiana, nel ricordo di chi ci ha preceduto in paradiso, raccogliendo la sua eredità e la sua testimonianza di amore, mentre la dimensione peregrinante della nostra vita cristiana,  diamo questo abbraccio ai fratelli più poveri per essere definitivamente noi pure nell’abbraccio eterno di Dio. Siamo certi che niente potrà mai separarci da questo abbraccio.  

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