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Il Natale in Venezuela, com'è e come sarà

Il racconto del sacerdote fidei donum don Derno Giorgetti

Don Derno Giorgetti in una foto d'archivio

Caro direttore, ti racconto del Natale in Venezuela: com’è? Come sarà? Forse neppure quel 17 per cento che realmente è andato a votare sarebbe contento in questo momento. Essere come Cuba, ideale di Chavez, si sta avverando: la gente fugge come può. Da Guiria, in una zattera di fortuna, una ventina di persone tentano la fuga verso Trinidad Tobago, le cose vanno male, alcuni affogano e questo è il commento del capo del partito: “se volevano imparare a nuotare, dovevano farlo in una piscina”.

Ecco una notizia dell’altro ieri: una famiglia – gente anziana - si pensa sia sparita nel mare, poi si viene a sapere che sono stati arrestati: saranno lì, saranno là? Non si sa dove, poi si viene a sapere che hanno tolto tutto a loro: la loro figlia Zeilda Naranjo, supplica, piangendo, di ricevere notizie dei genitori. Andiamo avanti nella nostra inchiesta e proviamo di interrogare gli interessati, i venezuelani. “Scusi, com’è la situazione?” “Guardi – mi dicono - nel paese c’è di tutto, ma potremmo dividerlo in tre parti. La popolazione – la maggioranza - si è data per vinta, cerca di sopravvivere con i pochi viveri che possono comprare con uno stipendio che corrisponde neppure a un dollaro. Vagano come zombi, con gli occhi fissi, con le scarpe rotte per tanto camminare, giacché il trasporto pubblico non funziona. Questi non hanno paura neanche del covid: perché esiste un altro coronavirus che li sta ammazzando”. “E la seconda fascia?” Sono persone povere che forse fanno i conti in base ai bonus del regime, forse impiegati pubblici, che senza essere ciavisti, ricevono pacchi dall’estero dai loro parenti. Questo, secondo me, è il gruppo peggiore: sembra che non vedano la realtà e si sono fabbricati in un mondo di fantasia che non esiste, e spendono l’ultimo centesimo nel far vedere che stanno bene. Fanno grandi sacrifici per preparare il piatto tipico natalizio: la halliaca, infatti Natale non è Natale senza hallacas. Ma prima di Chavez non mancavano hallacas né “pan de jamón”. “ E poi?” “E poi la cupola, i grandi capi del regime: per loro non esiste la vergogna. Feste milionarie; li vedi a passeggio nei negozi di lusso, dove del povero cane neanche l’ombra, poi - in questi giorni - faranno sfoggio dei loro regali”.  “Ma allora, sarà un Natale triste?” “Apparentemente no: il regime ha investito molti soldi nelle feste popolari, per strada, sulle piazze. Si preoccupano di portare anche nei settori più poveri le loro opere teatrali: luci sfavillanti, apparecchi dai grandi effetti sonori. E così la gente, per una serata, inganna se stessa: sembra che tutto sia normale.

Per tutti questi nostri fratelli: Vieni, Signore, Gesù.

don Derno Giorgetti, sacerdote fidei donum

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