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L'avvocato Iacuzzi: "Celebrazioni liturgiche spesso svilite oltre ogni accettabile limite"

Lo scrive in una lettera al direttore che risponde aprendo un dibattito

Foto archivio Siciliani-Gennari/SIR

Caro direttore,

le invio alcune mie riflessioni sul tema - fondamentale per la vita della Chiesa e di ogni cristiano - dell’esercizio della Liturgia nelle nostre celebrazioni liturgiche e, in particolare, in quelle eucaristiche.

Premetto che non sono uno studioso di sacra Liturgia e non ho, pertanto, alcuna specifica competenza in materia se non quella che ho imparato, nel corso degli anni, dai miei maestri nella fede, in particolare da don Lino Mancini che il Magistero della Chiesa sulla sacra Liturgia conosceva a fondo e metteva in pratica con modalità coerenti ed esigenti.

Come insegna la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium”, “la Liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù(S.C. n° 10).

Perciò i pastori d’anime devono vigilare attentamente che nell’azione liturgica non solo siano osservate le leggi che ne assicurano la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente(S.C. n° 11).

E il Catechismo della Chiesa Cattolica ribadisce:  L’Eucarestia è fonte e culmine di tutta la vita cristiana(Lumen Gentium n° 11). Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucarestia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucarestia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua(C.C.C. n° 1324).

Ho voluto premettere queste brevi, ma significative citazioni del Magistero della Chiesa per ricordare – a me stesso anzitutto, ma anche ai lettori – l’importanza essenziale della liturgia e dell’Eucarestia nella vita della Chiesa, e dunque di ciascun cristiano.

Purtroppo – complici in una certa misura anche le prolungate restrizioni subìte durante l’epidemia del Covid, e salve tante lodevoli eccezioni – in molte chiese della nostra Diocesi le celebrazioni liturgiche appaiono spesso, troppo spesso, svilite oltre ogni accettabile limite.

 

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Per farmi comprendere ricorro – necessariamente, e sia pur per difetto – ad alcuni esempi tratti dall’esperienza personale, cioè dalla partecipazione alla Messa, sia feriale che domenicale, in diverse chiese cittadine.

a)  La mancanza di puntualità di tanti fedeli continua ad essere una pratica frequente e una delle ferite più gravi, anche se forse meno consapevoli, inferte alle celebrazioni liturgiche. A ciò si aggiunge il fatto che, purtroppo, anche diversi sacerdoti sembrano avervi fatto l’abitudine, essendo sempre più raro trovarne qualcuno che ne richiami al popolo di Dio le ragioni della sua necessità.

b)  Quasi più nessuno, entrando in una chiesa, per prima cosa si inginocchia come segno di profondo rispetto per il luogo sacro in cui si trova e la presenza eucaristica del Signore (anche se pare trattarsi di un gesto liturgicamente non obbligatorio), ed è già tanto se ancora si fa il segno della croce. 

c)  La maggior parte delle persone, inoltre, ha perso l’“abitudine” di immergere la mano nell’acquasantiera prima di farsi il segno della croce.

Ma chi ancora volesse compiere quel gesto liturgicamente significativo troverebbe, a volte, l’acquasantiera completamente vuota!

Basta entrare in alcune chiese (che per carità cristiana èvito di nominare) e troverà conferma di questa affermazione

d)  Il posizionamento dei fedeli nelle panche è un segno eloquente, a mio parere, di quanto le celebrazioni liturgiche siano ridotte, molto spesso, ad un fatto privato e individualistico.

Anziché radunarsi insieme e avvicinarsi gli uni agli altri, per esprimere anche visivamente la realtà della comunione con Cristo e tra i fedeli stessi che la S. Messa realizza fra chi vi partecipa, la maggior parte delle persone si sparge ovunque, spesso lontane le une dalle altre, e normalmente dalla metà della chiesa in giù.

Questo fatto, che apparentemente potrebbe sembrare casuale e insignificante, oltre che contrastare con il significato profondo della celebrazione eucaristica, ostacola di fatto uno svolgimento significativo anche di altri gesti liturgici, come il canto e lo scambio della pace.

e)  L’inginocchiarsi nei momenti richiesti dal rito liturgico da un lato sembra diventato un vero e proprio “optional”, dall’altro appare lasciato alla più totale arbitrarietà, come un fatto individualistico e privato. Ciò dipende anche dai celebranti i quali non indicano, se necessario, quando ci si deve inginocchiare e danno per scontato che i fedeli conoscano il significato di questo antichissimo gesto liturgico.

f) “Il belloarriva, poi, al momento dello scambio della pace. Ancora di recente mi è capitato che qualcuno, addirittura, si sia rifiutato di stringermi la mano! E, quand’anche ci si trova fianco a fianco nella stessa panca, s’intuisce spesso l’imbarazzo del proprio vicino quando gli porgi la tua mano per stringere la sua.

In auge, invece, continuano ad essere le gesticolazioni più strane, i saluti con le mani alzate, oppure le mani alzate senza alcun saluto.

Dulcis in fundo coloro che, prima di ricevere l’eucarestia, continuano ad igienizzarsi le mani. Ma non c’è già il celebrante che fa questa abluzione prima di scendere dall’altare? Che senso ha, dunque, che anche i fedeli ripetano questo gesto che, di liturgico, non ha nulla in assoluto?

g)  E si arriva alla benedizione dell’assemblea dei fedeli, seguita di regola dal canto finale.

A parte la persistente assenze, in molte chiese, dei libretti dei canti, che ostacola di per sé la partecipazione al canto stesso, il fatto più curioso è che, nella stragrande maggioranza delle chiese, proprio al momento del canto finale il Sacerdote e gli altri concelebranti si allontanano dall’altare e s’infilano in sacrestia: favorendo, in tal modo, l’idea che il canto finale sia destinato a pochi super-fedelisuperstiti, mentre quelli normali si sentono autorizzati, in tal modo, ad uscire dalla chiesa senza partecipare al canto conclusivo.

h)  Infine il silenzio – il sacro silenzio come parte della celebrazione, secondo l’espressa definizione del Messale Romano(par. 45) – “massacrato” senza pietà sia prima dell’inizio che dopo la conclusione delle celebrazioni liturgiche con chiacchiere rumorose e di ogni genere, fatte proprio all’interno della chiesa.

 

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L’elenco potrebbe allungarsi, e anche di molto.

Ma gli esempi riportati mi paiono più che sufficienti per far comprendere a tutti come la sacra Liturgia, al pari della vita di fede di tanti cristiani, sia oggetto da tempo di una crisi vasta e profonda dalla quale è indispensabile, però, risollevarsi, pena la perdita completa del significato dei suoi santi segni(come li definì il teologo Romano Guardini nel suo libro famoso intitolato, appunto, I Santi Segni).

Occorre perciò che ai “santi segni” delle celebrazioni liturgiche sia restituito tutto il loro significato, in modo che i fedeli ne assumano una coscienza sempre più profonda e radicata, liberandosi dall’individualismo e dal soggettivismo che oggi, tanto spesso, ne contrassegnano la concezione e la pratica.

È necessaria, pertanto, una catechesi continua sul significato della Liturgia, dei suoi gesti, dei suoi modi e dei suoi tempi. E questa spetta, “in primis”, proprio ai Sacerdoti i quali possono ben cogliere l’occasione di una celebrazione liturgica per spiegare ai fedeli il significato di questo o quel gesto, il tempo e il modo in cui svolgerlo, e lo stretto collegamento esistente fra ogni singolo gesto e l’intera celebrazione liturgica.

Ci aiutino il vescovo e i sacerdoti celebranti, ma anche i catechisti e gli educatori alla fede, in questa quotidiana necessità educativa, per evitare che i gesti e i momenti della sacra Liturgia siano abbandonati all’abitudine e all’insignificanza. Anche presentandoci e invitandoci a studiare qualche testo magisteriale significativo (come ad esempio, da ultimo, la Lettera Apostolica Desiderio desideravi che il Santo Padre, giusto un anno fa, ha inviato fra gli altri anche ai fedeli laici proprio sulla formazione liturgica del Popolo di Dio”).                

Roberto Iacuzzi - Cesena

Caro Roberto, poni questioni che sono sotto gli occhi di tutti (scusami se ti do del tu, ma non riesco a fare in maniera diversa, vista la lunga conoscenza e anche di più). Se non ci fosse da piangere per quello che tratteggi con molta precisione, e a tratti anche ironia, ci sarebbe di che sorridere. Perché quello che descrivi è proprio quello che succede in molte nostre chiese. Proprio ieri notavo in famiglia come prima della celebrazione delle Messe ci sia in chiesa troppo rumore, con molto chiacchiericcio. Poi, per consolarmi, mi sono risposto da solo, sempre con i miei, che forse è anche bello perché la gente vuole incontrarsi e ha di che parlarsi e allora approfitta anche del momento in chiesa prima dell'avvio della celebrazione. Forse, tuttavia, stiamo un po' esagerando, come in altri frangenti che tu hai messo molto bene in evidenza.

La pandemia ha inciso molto sulla nostra partecipazione alla Messa, sia in termini di frequenza, in certi casi crollata, sia in termini di modalità di partecipazione che ora appaiono davvero singolari, come ad esempio lo scambio della pace da te ricordato. 

Su questo tema sarebbe bello se si aprisse un "dibattito fruttuoso a più voci" fra i lettori, come anche tu auspichi nella email con cui hai accompagnato il tuo testo. 

Mi auguro che questo invito venga raccolto e che su questo argomento tanto delicato e sensibile, si possa ragionare assieme per cercare vie da intraprendere sempre assieme. A maggior gloria di Dio e dei fratelli. Fratelli tutti, anzi.

Francesco Zanotti

zanotti@corrierecesenate.it

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