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AGRIROMAGNA

Da Instagram alla televisione. Lo chef Marfella alla ricerca delle materie prime

Lo chef è oggi a capo della cucina della Vineria del Popolo in piazza del Popolo a Cesena

Da Instagram alla televisione. Lo chef Marfella alla ricerca delle materie prime

Tatuaggi, una carriera che alla sua età imbarazzerebbe qualsiasi collega e una sfilza di prodotti a km0 sul banco di lavoro. Tutto questo, e non solo, è Tomas Marfella, chef cesenate di 33 anni che sin da ragazzino si dedica con originalità ai sapori della sua terra e che oggi, a capo dei fornelli della Vineria del Popolo a Cesena, ha l’abitudine di prendere per la gola tutti coloro che ancora non credono che in cucina si apprende una vera e propria arte. Del resto è proprio di questo che vive Marfella in grado di unire sapori e benessere in un'unica pietanza. “La cucina – confessa – è la cultura di un paese. Essa va immaginata come una finestra che una volta aperta mostra agli altri cosa c’è dentro”.

A trentatré anni sei un padre e uno chef di successo apprezzato dai grandi marchi del territorio. Lo avresti mai pensato?

Ho dato il via alla mia carriera frequentando la scuola alberghiera e lavorando nei locali d’estate senza sosta fino ad arrivare nella cucina dell’hotel Casali. Non mi sono mai risparmiato e il lavoro se ben fatto prima o poi ripaga. Via via sono mi sono state proposte altre esperienze importanti ma ancora molte altre sono in cantiere.

Un lavoro che spesso ti porta a innovare. È così?

Sono partito con la classica cucina dei ‘vecchi’ chef e tipica della ‘vecchia’ scuola. Con il tempo mi sono concentrato sulla salute e sulla ricerca delle materie prime. Quando sono arrivato in Orogel vedevo ricette tradizionali e lunghe cotture, io invece ho trasformato tutto in qualcosa di più creativo e innovativo per la salute del corpo.

Creatività e innovazione portano a cosa?

All’introduzione di qualcosa di inedito in cucina o alla riscoperta di vecchie tecniche. Oggi in cucina è importante cercare costantemente per far sì che faccia bene non solo alla bocca ma anche al fisico preservando quello che il cibo ci dà e non solo il sapore che andiamo a creare.

Il territorio innova dunque?

A volte i menù restano ancorati alla tradizione romagnola. Partendo da questo tipo di cucina cerco sempre di innovare proponendo piatti nuovi, che suscitano interesse e che grazie ai colori, ai sapori e agli ingredienti affascinino il clienti una volta al tavolo.  È necessario concentrarsi sulla qualità delle materie prime, dal biologico al chilometro zero, in qualsiasi occasione, dalla cena di gala a una serata trascorsa a casa di amici.

Molto del tuo tempo lo hai trascorso all’estero. Negli altri Paesi quanto arriva della cucina italiana?

Devo ammettere che la nostra cucina arriva un po' distorta e rivisitata nella chiave di lettura del paese in cui sei. Distorta non perché la si vuole stravolgere, ma perché gli altri popoli hanno un palato diverso dal nostro. Una piadina romagnola esportata, ad esempio, non resta così ma cambia la cottura, qualche ingrediente e la farcitura.

Cosa dicono le tue figlie quando ti vedono in tv?

Sono contente. Hanno 10 e 3 anni, spesso amo giocare tra i fornelli con loro. Ci provo tanto con la grande ma per il momento preferisce mangiare. La piccolina invece desidera tanto cucinare insieme a me. 

L'intervista completa è stata pubblicata sul numero di "AgriRomagna", inserto del Corriere Cesenate, reperibile in edicola da giovedì 15 novembre

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