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L'Italia nella pandemia

Il Paese e il Covid-19. La voce ai deboli

La vera sfida rimane quella di ricucire l’alleanza fragile tra famiglia, scuola e istituzioni

È un’Italia più povera, oltre un milione in più le persone in difficoltà nel 2021, divisa e timorosa quella che ancora combatte contro il Covid-19. È scritto in un recente dossier del Censis dal titolo Inclusione ed esclusione sociale: cosa ci lascerà la pandemia, che fotografa una nazione dove i divari si sono accentuati, ma che mostra anche come il Paese abbia tenuto grazie al sostegno economico di genitori e nonni verso i giovani colpiti dalla crisi e grazie all’intervento dello Stato.

La pandemia penetra anche nella mente, aumentano i “mali” psicologici: stress, depressione, ansia e paura indefinita. Tutto il mondo delle relazioni familiari è stato investito dall’ondata della crisi e se in un primo momento l’impatto si è abbattuto sul mondo degli anziani e il disorientamento ha colpito gli adulti, in un secondo momento l’urto ha coinvolto anche i più giovani.

Sotto stress è stato posto l’intero tessuto delle nostre relazioni. Così anche la richiesta di aiuto da parte dei ragazzi è aumentata, come testimoniano gli indici di dispersione scolastica, che registrano una percentuale del 23 per cento per gli studenti che non riusciranno a terminare il percorso. 

Anche l’occupazione femminile, che ha indici tra i più bassi d’Europa nonostante la ripresa post Covid-19, non sorride alle donne. I dati degli ultimi mesi dicono che i nuovi contratti attivati sono stati per sei volte su dieci a favore degli uomini, ma anche e soprattutto che le tipologie e le modalità di impiego femminile continuano spesso a restare indietro nel mercato del lavoro.

Allora la domanda che si impone per tutti noi mostra un’urgenza nella ricerca di luoghi relazionali sicuri e significativi per il nostro futuro. Come riconoscere la necessità di ridare la parola alla famiglia? Una strada per invertire la tendenza può essere quella di attivare politiche stabili a favore dell’autonomia dei giovani e di rafforzamento dei servizi per l’infanzia, in modo da aiutare i genitori a conciliare attività lavorativa e impegni familiari e qualcosa nel Pnrr è stato inserito.

La vera sfida rimane quella di ricucire l’alleanza sempre più fragile tra famiglia, scuola e istituzioni. Sono troppi i racconti di questi due anni con persone fragili abbandonate, magari perché è stato chiuso un centro diurno o sono stati ridotti i servizi “causa Covid-19” o addirittura facendo venire meno la presenza dei necessari sostegni a bambini, giovani o anziani in difficoltà.

Sarebbe imperdonabile sacrificare sull’altare di una norma o circolare amministrativa la cura delle persone che stanno pagando il conto più salato dell’emergenza-virus. Purtroppo continua a succedere, anche nelle nostre città.

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