Dal Mondo

Clima di attesa, in rue de Breteuil, nella sede della Conferenza episcopale francese, per l'incontro di lunedì 9 aprile con il presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron. "Non so se si tratta di una pagina nuova della nostra storia", osserva il direttore della comunicazione Vincent Neymon. "Certo è che c’è da parte della Chiesa e dello Stato una volontà chiara di apertura e dialogo"

Il 6 aprile 2014 manifestanti armati prendono possesso di alcuni palazzi governativi nelle regioni di Donetsk, Lugansk e Kharkiv. Comincia così una guerra nel cuore dell’Europa che ancora oggi non si è placata: 10mila vittime, 2 milioni di sfollati. “La tragedia più grande di questo conflitto è la dimenticanza generale”, confida il nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Claudio Gugerotti.

“Una parrocchia personale per tutti i migranti e i rifugiati in Israele” e un “Vicariato episcopale per i migranti e i rifugiati guidato da un vicario episcopale”: sono queste le due decisioni prese dall’amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa, e comunicate a tutti i parroci latini in Israele con una lettera datata 23 marzo, resa nota nella serata di ieri

Saranno i 39 tocchi della campana del santuario dell’Immacolata concezione a Washington a onorare alle 19,05 di oggi la memoria del reverendo ucciso il 4 aprile 1968 a Memphis. Il presidente della Repubblica Mattarella: "raccogliere la sua eredità”.

A tre anni dall’inizio della guerra civile tra le truppe governative appoggiate dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita e i ribelli sciiti della tribù houthi, Maria Rita Ceccaroni, operatrice di Save the children, racconta cosa ha visto nello Yemen. Il conflitto è oggi una delle più gravi emergenze umanitarie del mondo, con 22 milioni di persone bisognose di aiuti. Nella totale indifferenza dei media mainstream e dell’opinione pubblica internazionale

"La Pasqua è davanti a noi ma da qui si vede solo il Calvario". E il Calvario, in Medio Oriente, ha il nome di Ghuta, Damasco, Idlib, Aleppo, Baghdad, Batnaya, Mosul, Afrin, Gaza, e tanti altri luoghi di guerra e di morte. Nelle parole di monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, non c'è solo dolore: “C’è gioia anche nella sofferenza, quella patita da Cristo per la nostra salvezza. Preghiamo perché in tutto il Medio Oriente, non solo in Iraq o in Siria, la Pasqua sia motivo di gioia”

Sale la tensione a Gaza dove la piccola comunità cristiana si appresta a vivere la Pasqua. Israele nega 600 permessi ai gazawi per uscire dalla Striscia e recarsi a pregare a Gerusalemme. Il parroco spiega il perché al Sir e racconta come la locale parrocchia si sta preparando alle liturgie del Triduo pasquale. L'appello ai cristiani di tutto il mondo: "Pregate per noi che stiamo soffrendo".

Il vaso di Pandora è stato scoperchiato e gli spiriti della Rete stanno invadendo il mondo. È deflagrato con la forza di una detonazione per troppo tempo rimandata il caso Facebook e Cambridge Analytica, coinvolgendo i governi e le autorità di mezzo mondo. Ma di cosa si tratta e perché ci riguarda tutti da vicino?

Il 20 marzo 2003 una coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti d'America iniziava l'operazione "Iraqi Freedom" per abbattere il regime di Saddam Hussein, reo di avere armi di distruzione di massa. Il patriarca caldeo di Baghdad, tracciando un bilancio sull'attuale situazione, ribadisce alcuni punti fermi: "Non bastano slogan per avviare una democrazia, la cultura settaria non ha futuro, la religione non può essere una fonte di diritto per uno Stato".

Un fatto passato quasi inosservato in Italia, ma che potrebbe avere implicazioni positive per le ragazze nigeriane costrette a prostituirsi: alcuni giorni fa l'Oba ("re") Ewuare II, la massima autorità religiosa del popolo Edo, ha formulato un editto in cui vieta tutti i riti di giuramento che vincolano con maledizioni terribili le ragazze trafficate. Una testimonianza dalla Nigeria e il commento delle religiose anti-tratta

Il 15 marzo la guerra in Siria entra nel suo ottavo anno. Il nunzio apostolico a Damasco, card. Mario Zenari, in questi giorni in Italia per lanciare, con Avsi, il progetto "Ospedali Aperti", parla della Siria paragonandola al viandante percosso e derubato dai ladroni che si ritrova nella parabola del Buon Samaritano

"Non credo che dal voto arrivi un no alla pace, almeno non principalmente – dice il segretario generale della Conferenza episcopale colombiana (Cec), mons. Elkin Fernando Álvarez Botero -. Mi pare che da un lato il voto sia stato espresso in generale su diversi modelli di Paese, dall’altro che arrivi la richiesta di un cammino di pace più partecipato, più condiviso"

Dall’inizio della guerra ne sono stati uccisi 27mila, un milione e mezzo non ha più frequentato una scuola e su 5,6 milioni di persone in gravi necessità 663.000 sono sotto i cinque anni. I dati sulle violenze e sulle vittime sono stati pubblicati in un report esaminato il 13 marzo, nella sede Onu di Ginevra, in una tavola rotonda che ha visto confrontarsi Kate Gilmore, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Panos Moumtzis, coordinatore umanitario Onu per la crisi siriana, e varie organizzazioni di pronto intervento, a difesa dei minori e dei civili, tra cui la Commissione per gli affari internazionali del Consiglio mondiale delle Chiese

Dal Brasile alla Colombia al Bangladesh. Sono tante le sfide che le Chiese locali stanno affrontando per aiutare i migranti e i rifugiati nei loro Paesi. Se ne è parlato ieri a Roma durante la tavola rotonda finale dell'assemblea plenaria della Commissione internazionale per le migrazioni (Icmc) che si è svolta dal 6 all'8 marzo. Ieri i partecipanti sono stati ricevuti da papa Francesco.

In Libano, oltre la metà della popolazione siriana rifugiata registrata è composta da donne e ragazze e circa il 40% delle famiglie rifugiate nel Paese sono guidate da donne. Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati, ed Henrietta H. Fore, direttore generale dell’Unicef, hanno chiesto un’azione più incisiva per la protezione e l’empowerment delle donne rifugiate.

Porte chiuse da domenica 25 febbraio a tempo indefinito al Santo Sepolcro a Gerusalemme: è quanto stabilito dalle tre Chiese responsabili della basilica, il Patriarcato greco-ortodosso, la Custodia di Terra Santa e il Patriarcato armeno, per rispondere al Comune di Gerusalemme che ha deciso di reclamare dalle Chiese il versamento delle tasse comunali, conosciute come Arnona, sugli immobili non adibiti al culto

“Dopo le prime 25 persone, giunte lo scorso 30 novembre, martedì 27 febbraio è previsto dall’Etiopia l’arrivo di 114 profughi originari di diversi Paesi del Corno d’Africa, nell’ambito del protocollo di intesa con lo Stato italiano, siglato dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Cei, che agisce attraverso Caritas Italiana e Fondazione Migrantes”. Lo ricorda, oggi, un comunicato diffuso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.

Il Paese è sprofondato dal dicembre 2013 in una crisi umanitaria provocata dalla competizione, prima politica e poi militare, tra il presidente Salva Kiir e l’ex vice-presidente Riek Machar. Una contrapposizione per il potere che ha ben presto acquisito una connotazione etnica con il confronto tra i due principali gruppi etnici del Sud Sudan: i denka del presidente Kiir (che rappresentano il 25-30% della popolazione) e i nuer di Machar (15-20%)